I giovani di Roma e provincia fotografati dall’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Cnr con il progetto Gap, che sarà illustrato a Roma presso la Regione Lazio lunedì 30 maggio: solo la metà vuole andare all’Università; ci si conosce all’aperto ma si passa il tempo libero in internet; cultura, volontariato e politiche quasi inesistenti; tolleranti verso comportamenti a rischio, l’uso di alcol e droghe, bullismo, razzismo e sessismo. Terminata la scuola superiore il 30% dei ragazzi desidera lavorare, il 50% andare all’Università, quota decisamente più bassa rispetto a dieci anni fa, quando si attestava al 65,8%, ma leggermente più alta rispetto agli anni appena trascorsi; 20 su cento sono incerti rispetto al proprio futuro. Le ragazze sono più determinate a proseguire nella formazione: 60% contro il 43% dei maschi, più proiettati verso la ricerca di un’occupazione (35% contro il 23% delle femmine), ma anche più indecisi (22% contro 17%). Nelle scelte, lo ‘status sociale’ conta: la prospettiva di iscriversi all’università è più elevata tra i benestanti (62%) e diminuisce tra i ragazzi di ceto inferiore (45%). “Si evidenzia tra i futuri adulti l’intenzione di mantenere posizioni lavorative analoghe a quelle della famiglia di origine, una stagnazione dell’ascensore sociale”, spiega Antonio Tintori dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Consiglio nazionale delle ricerche (Irpps-Cnr), responsabile del progetto ‘Gap – Giovani alla prova’, i cui risultati saranno illustrati a Roma lunedì 30 maggio alle 9.30, presso la Regione Lazio (via Rosa Raimondi Garibaldi, 7, palazzina C, 2° piano). Il progetto ha chiesto a quasi 2.000 studenti di 17 scuole secondarie di secondo grado della Città metropolitana di Roma Capitale di esprimersi su temi quali lavoro, bullismo, consumi di droghe e alcol, diversità e immigrazione, reti sociali e tempo libero. Nonostante solo la metà dichiari l’intenzione di immatricolarsi, l’Università è ancora considerata da molti un’esperienza importante (80%) per trovare un buon lavoro, soddisfare i propri interessi e come fonte di cultura. Le professioni ambite spaziano dal settore tecnico-ingegneristico (16%), a quello sportivo (12%) o turistico-enogastronomico (11%). “Sul futuro gli studenti hanno le idee relativamente chiare e appaiono positivi, ma hanno consapevolezza della difficoltà di programmarlo”, commenta il ricercatore. Se si guarda alla sfera delle relazioni amicali, i luoghi privilegiati per tessere rapporti interpersonali rimangono la piazza o la strada (63%), soprattutto per chi abita fuori città, ma l’indagine conferma che nel tempo libero – più di 4 ore al giorno per il 40% circa degli studenti – la navigazione in internet e l’uso di smartphone o altri device è l’attività più gettonata, seguita da ascolto di musica, pratica sportiva e – con percentuali minime – apprendimento di uno strumento musicale (3 ragazzi su 100), frequentazione di musei, mostre e teatro (2%), attività di volontariato, informazione e socio-politiche (1%). È stata poi rilevata la percezione dei comportamenti a rischio. “Il consumo di vino e birra oggi è pienamente parte della cultura giovanile ed è ritenuto una ‘scelta personale che va rispettata’ da 6 studenti su 10, ma 4 su 10 approvano anche quello di superalcolici, hashish e marijuana” continua Tintori. “Le droghe cosiddette ‘pesanti’ godono di minore consenso, ma le percentuali non sono insignificanti: l’uso dell’eroina, ad esempio, è approvato dall’8% e il 15% non si espone, ritenendo che solo conoscendo la situazione specifica si possa dire se la scelta è rispettabile o stigmatizzabile, quota che sale al 16% e 19% rispettivamente per acidi-droghe sintetiche e cocaina”. Un basso livello di condanna tocca anche i fenomeni di devianza: i maschi, e gli stranieri, in particolare, esprimono giudizi non contrari al bullismo (il 31% dei maschi contro il 21% delle femmine; il 31% degli stranieri contro il 26% degli italiani). Il sexting e la dating violence (molestie di vario genere) sono tollerati addirittura dal 50% dei maschi (contro il 22% delle femmine). Il razzismo è più presente tra i giovani italiani, mentre anche l’omofobia e il sessismo sono giudicati meno gravi dai maschi.
comunicato stampa – CNR