La curiosità aumenta così come le aspettative intorno a piazza Garibaldi a Reggio Calabria. Quello che non diminuisce invece è il numero delle sorprese quotidiane. Di qualche ora fa i ritrovamenti che potete vedere indicati dalla freccia in foto a destra. Si tratta di una serie di piccole e sottili lastre di terra. Sul posto Emilia Andronico della soprintendenza ai beni archeologici che si occupa dei saggi degli scavi nel postoin cui avrebbe dovuto sorgere un parcheggio sotterraneo. Ormai sul progetto, come si palesa di giorno in giorno, si può parare solo al condizionale. In attesa di scoprire la natura di ciò che emerge dalle viscere della terra, proponiamo ai nostri lettori un suggestivo brano scritto dallo storico Franco Arillotta sui Bizantini a piazza Garibaldi. “Nel 1042 c’era a Reggio un grosso contingente dell’esercito imperiale bizantino, che aveva in precedenza combattuto in Sicilia contro gli Arabi, agli ordini del generale Maniace, e aveva liberato Messina e Troina. In quel tempo, l’imperatore aveva richiamato Maniace a Costantinopoli e aveva nominato un nuovo comandante, Basilio Pediadites, eunuco, altissimo funzionario della Corte con il titolo di preposito. Quando Pediadites arriva a Reggio per assumere l’incarico, le fonti storiche ci dicono che si svolse una solenne cerimonia. Pediadites decise di formulare un voto che gli propiziasse l’esito della campagna militare che si accingeva a guidare. Egli si recò nel monastero di San Nicolò di Calamizzi, che sorgeva nella parte inferiore dell’area oggi occupata da Piazza Garibaldi e dalla Stazione Centrale. Accolto dai monaci ortodossi, raggiunse la chiesa e lì si tolse di dosso lo scaramangion, il prezioso abito di seta finissima, color porpora, che gli era stato donato dall’imperatore prima di partire, e lo posò sull’altare, come atto di devozione verso il Santo e per invocarne la protezione. Un gesto di alto valore simbolico. Dopo trent’anni, in età normanna, quell’abito era ancora conservato nel monastero, anche se non aveva portato fortuna a Pediadites, che era stato pesantemente sconfitto dagli Arabi nelle successive battaglie sul suolo siciliano. La scena narrata, del generale bizantino che va nel monastero a donare lo scaramangion imperiale, si completa, conoscendo il debole dei Bizantini per le manifestazioni fastose e solenni, con l’immagine dell’esercito schierato, che occupa l’intera area antistante il sacro edificio, che saluta il suo nuovo comandante; e di costui che arriva a cavallo, circondato da tutto lo Stato Maggiore. Nel tratto di mare dell’istmo di Calamizzi, centinaia di teride, le agili navi da guerra bizantine, partecipano alla dimostrazione di forza. Particolare interessantissimo: fra i reparti schierati c’è anche un manipolo di mercenari normanni, i primi che misero piede sul territorio di Reggio“.