Pensioni “part time”, c’è la firma del decreto. Le risorse solo per 20mila persone

Con la firma del ministro Giuliano Poletti al via il part-time agevolato in uscita per i lavoratori prossimi alla pensione. pensioniPoletti ha dato il “la” al decreto che disciplina le modalità della norma introdotta daldalla legge di Stabilità 2016. Il nuovo meccanismo è destinato ai lavoratori del settore privato con contratto a tempo indeterminato e orario pieno, che possiedono il requisito contributivo minimo per la pensione di vecchiaia (20 anni di contributi) e che matureranno il requisito anagrafico entro il 31 dicembre 2018. a norma contenuta nel decreto consente ai dipendenti del settore privato assunti a tempo indeterminato di optare per un part-time con l’intesa che l’azienda versi al lavoratore i contributi che sarebbero stati a suo carico in caso di full time e con un’aggiuntiva contribuzione figurativa che viene calcolata sulla parte non lavorata (che può andare dal 40% al 60%) a carico della finanza pubblica. La misura è finanziata con 60 milioni nel 2016, 120 nel 2017 e 60 nel 2018 e consentirà una riduzione di orari tra il 40 e il 60% a chi matura il requisito anagrafico per la vecchiaia a fine 2018 (66 anni e 7 mesi per i lavoratori dipendenti maschi mentre per le lavoratrici del settore privato 65 anni e 7 mesi per il biennio 2016-2017 e 66 anni e 7 mesi per il 2018). Non si tratta della tanto richiesta modifica della legge Fornero, ma il decreto approvato dal ministro del Lavoro sul part-time rappresenta comunque un piccolo passo verso quella flessibilità in uscita dal mondo del lavoro sulla quale, almeno a parole, sembrano essere tutti d’accordo.La platea potenzialmente interessata è di 389 mila lavoratori ma, numeri alla mano, visto che il governo ha messo in campo 240 milioni di euro in tre anni (60 milioni quest’anno, 120 nel 2017 e poi ancora 60 nel 2018), significa che da qui a fine anno potranno usufruire della norma al massimo 20 mila persone. A decreto fatto tante le critiche (soprattutto della Uil) sollevate. Secondo molti si tratta di una norma che non risolve il problema e aumenta il costo del lavoro. Il dubbio è che poche aziende e, soprattutto, pochi lavoratori possano effettuare questa scelta.

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