Dimissioni telematiche con partenza in salita, lavoratori disorientati, chiarimenti emanati in ritardo e 15 delle 20 domande formulate dai Consulenti del lavoro alle quali non è ancora stata data risposta da parte del Ministero. Dal 12 marzo scorso per i lavoratori dipendenti è obbligatorio utilizzare apposito canale telematico per esprimere la volontà di dimettersi, così come per la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. La norma che lo prevede è contenuta nel DLgs n.151/15 del Jobs act denominato “semplificazioni”, ma è evidente che, invece, si tratta di una complicazione avendo già comportato l’emanazione di un decreto ministeriale, una circolare, una nota direttoriale e 27 Faq (molte tardive), blocchi del sito Cliclavoro deputato a riceverle, ritardi nel rilascio delle credenziali ai soggetti intermediari abilitati, rilascio Pin a rilento ai lavoratori, senza contare le segnalazioni in merito ad alcuni sindacati che chiedevano il tesseramento del lavoratore per fornire assistenza all’invio telematico. I primi dubbi interpretativi sono stati espressi dai Consulenti del lavoro ed hanno riguardato il delicato caso di dimissioni cartacee presentate dal lavoratore che poi non porta a termine la procedura telematica e diventa irreperibile. Ad oggi ancora non è stata data risposta da parte del ministero sul comportamento da tenere. In tali ipotesi, sarebbe stato meglio rifarsi alla normativa Fornero che permetteva al datore di lavoro, dopo aver inviato comunicazione al dipendente, di ritenere concluso il rapporto di lavoro per dimissioni volontarie. Si tratta di una situazione molto diffusa, circa 70.000 casi all’anno, quindi va garantita una disciplina ad hoc, anche per evitare che il datore sia costretto a procedere con un licenziamento che comporterebbe il pagamento del ticket (fino a € 1500 a dipendente) e potrebbe avere un costo anche per lo Stato, visto che i dipendenti licenziati possono accedere alla Naspi. Il modello telematico, afferma il ministero nelle Faq, non ha la funzione di convalidare dimissioni rese in altra forma, ma introduce la “forma tipica” delle stesse che per essere efficaci devono essere presentate secondo le nuove modalità. Il Ministero, a mezzo Faq, ha affermato che la data di decorrenza delle dimissioni dovrà essere il primo giorno di non lavoro, tenendo conto dell’eventuale preavviso, che gli eventi di malattia, gli errori di calcolo o i diversi accordi modificativi tra le parti non incidono sulla manifestazione di volontà espressa. La data definitiva di fine lavoro sarà indicata sulla Co.
Reggio Calabria lì, 08.04.2016
Ufficio stampa CdL