Il laboratorio ha sviluppato un trattamento che potrebbe servire a lottare contro il morbo. Il dispositivo è stato testato con un successo “totale” sui topi. I risultati sono abbastanza significativi da giustificare una sperimentazione clinica su persone.
Difficile dire se per l’Alzheimer sia arrivata l’ora delle malattie iscritte all’albo di quelle curabili con una semplice terapia, come fosse una bronchite, ma la notizia di oggi lascia ben sperare per una futura terapia. Il laboratorio di Patrick Aebischer al Politecnico federale di Losanna (EPFL) ha sviluppato un trattamento che potrebbe servire a lottare contro il morbo di Alzheimer: si tratta di un impianto che fornisce al cervello un flusso costante di anticorpi. Il dispositivo è stato testato con un successo “totale” sui topi. Una delle cause probabili di Alzheimer è la formazione di ammassi di proteina beta-amiloide (A-beta) in diverse zone del cervello. Il fenomeno provoca successivamente la formazione di placche, tossiche per i neuroni, spiega l’EPFL in un comunicato odierno. Un mezzo per combattere le placche consiste nel “marcare” le A-beta con anticorpi che allertano il sistema immunitario del paziente, affinché intervenga per distruggerle ed eliminarle. Questo risultato è ottenuto con iniezioni ripetute di vaccino, suscettibili tuttavia di provocare effetti secondari. La capsula bioattiva sviluppata a Losanna contiene cellule geneticamente modificate per la produzione di anticorpi contro le A-beta. Inserito sotto la pelle, l’impianto diffonde un flusso regolare di anticorpi nella circolazione sanguigna. Tutti i materiali utilizzati sono biocompatibili e la membrana della capsula impedisce al sistema immunitario di identificare e attaccare le cellule. Ciò significa che le cellule di un donatore unico potrebbero essere utilizzate per diversi pazienti. Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, associazione che si occupa anche della tutela degli ammalati di tali malattie neurodegenerative, ricorda che circa 35 milioni di persone in tutto il mondo sono affette da demenza senile, ed il morbo di Alzheimer è il tipo più comune. L’inesistenza di una cura, poiché le medicine attuali possono solo temporaneamente alleviare i sintomi, comporta il fatto che non solo chi è colpito dalla malattia ne subisce le conseguenze che lo portano ad un decadimento progressivo sino alla morte, ma anche i propri familiari che devono assisterli. È difficile, quindi stimare, per la loro enormità, i costi sociali che la malattia porta ai sistemi di welfare, ma è ovvio che la scoperta di una cura efficace potrebbe da una parte portare sollievo a milioni di persone nel mondo, ma anche ridurre notevolmente la spesa pubblica sanitaria a livello globale.
c.s. – Giovanni D’agata – Sportello dei Diritti