Comunicato Stampa – Questura di Reggio Calabria
E’ in corso dalle prime ore di questa mattina a Reggio Calabria una vasta operazione della Polizia di Stato dal nome “Sistema Reggio”, per l’esecuzione di 19 ordinanze di custodia cautelare, di cui 11 in carcere, 6 agli arresti domiciliari e 2 con obbligo di dimora, su ordine della Direzione Distrettuale Antimafia. Colpite le famiglie della ‘ndrangheta reggina facente capo ai DE STEFANO, FRANCO, ROSMINI, SERRAINO e ARANITI. I reati contestati vanno dall’associazione mafiosa, al concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto di materiale esplosivo, intestazione fittizia di beni e rivelazione del segreto d’ufficio. Eseguite anche numerose perquisizioni. La Squadra Mobile di Reggio Calabria sta eseguendo anche numerosi sequestri di esercizi commerciali in mano alla ‘ndrangheta. Si tratta di noti bar della città, di una stazione di servizio per l’erogazione di carburante, di una concessionaria di autovetture ed esercizi commerciali per la distribuzione di prodotti ittici surgelati. Gli esponenti delle famiglie di Reggio Calabria avevano costituito e gestito, direttamente o per interposta persona, una serie di attività economiche, operanti in diversi settori imprenditoriali, attribuendone la titolarità formale a terzi soggetti, al fine di eludere i controlli delle forze dell’ordine e le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione. Dieci milioni di euro è il valore stimato delle aziende e degli altri beni sequestrati. L’operazione coordinata dalla Dda di Reggio Calabria colpisce capi, gregari e soggetti contigui alle cosche DE STEFANO e FRANCO aderenti al cartello Destefaniano e ROSMINI, SERRAINO e ARANITI aderenti al cartello Condelliano, imperanti in città ed uniti nella spartizione dei proventi derivanti dalle attività estorsive in danno di commercianti ed operatori economici di Reggio Calabria. Impiegati 250 uomini della Polizia di Stato. L’inchiesta della D.D.A. di Reggio Calabria conferma che le cosche della ‘ndrangheta esercitano sistematicamente anche il potere di regolamentazione dell’accesso al lavoro privato, facendo assumere agli esercizi commerciali dipendenti graditi alle organizzazioni criminali, nonché la potestà di regolamentazione dell’esercizio del commercio, autorizzando o meno l’apertura di esercizi commerciali nei quartieri da esse controllati. L’operazione “Sistema Reggio” trae origine da un grave attentato perpetrato la notte dell’11 febbraio 2014, con l’esplosione di un ordigno pipe bomb, al Bar Malavenda, noto esercizio commerciale del quartiere Santa Caterina di Reggio Calabria. L’esplosione aveva distrutto la vetrina del bar, il banco pasticceria e diverse vetrate anche dei locali sovrastanti, adibiti ad ufficio, magazzino e laboratorio, nonché una minicar in sosta nelle adiacenze. L’1 marzo 2014, veniva rinvenuto un altro ordigno inesploso, nello stesso punto e dello stesso tipo di quello che era scoppiato a febbraio. Alla base dell’inchiesta numerose intercettazioni. Le indagini condotte dalla Squadra Mobile si sono basate essenzialmente sui risultati delle intercettazioni telefoniche, ambientali e delle video riprese disposte dalla Dda di Reggio Calabria. Gli elementi acquisiti dalla Squadra Mobile, grazie alle attività tecniche, hanno consentito di ricostruire puntualmente non solo le dinamiche criminali relative al duplice attentato del Bar Malavenda con l’individuazione dei mandanti, ma anche ai contesti mafiosi riconducibili ai due più potenti casati di ‘ndrangheta operanti nella città di Reggio Calabria, ovvero quelli facenti capo alla famiglia De Stefano e Condello, entrambi dominanti ad Archi ed in altri quartieri del centro di Reggio Calabria, fra i quali Santa Caterina. Sono finiti in manette l’avvocato G.D.S., già condannato per concorso esterno in associazione mafiosa; R. F., capo dell’omonima famiglia mafiosa federata ai De Stefano; D.S. e il fratello M. V.S., rappresentanti apicali della stessa famiglia, alleata ai Condello; A.A. e G.S.M. elementi di spicco della famiglia Araniti federata ai Condello; A.N., elemento di rilievo della famiglia Rosmini federata ai Condello; D.S.D., esponente di spicco dell’omonimo famiglia. Le indagini condotte dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria hanno consentito di accertare che N.CS. per avviare l’esercizio commerciale preso in affitto dalla famiglia dei NICOLO’ – che lo avevano acquistato dai Malavenda – aveva dovuto chiedere l’autorizzazione prima ai DE STEFANO rappresentati a Santa Caterina da F.R. che aveva dato il suo assenso e poi ai fratelli S. D. e M.V., rappresentanti dello schieramento dei CONDELLO, che invece si erano decisamente opposti all’apertura del nuovo locale. N.C. si era rivolto ai massimi rappresentati delle famiglie DE STEFANO e CONDELLO. Nel primo caso era riuscito ad arrivare fino a G.D.S. (“il massimo”) attraverso la mediazione di un conoscente e nel secondo caso ai CONDELLO tramite gli ARANITI. Due indagati, N.C.S. e R.G.C. sono stati arrestati per concorso esterno in associazione mafiosa. Avrebbero aiutato e rafforzato le cosche di Santa Caterina assicurandosi la protezione della ‘ndrangheta in relazione all’apertura dell’esercizio commerciale denominato bar “Ritrovo Libertà” (nuova denominazione dell’ex bar Malavenda) intestato al N.C.S. e gestito da quest’ultimo in società di fatto con R.G.S., riconoscendo alla ‘ndrangheta il potere di regolamentazione dell’accesso al lavoro privato in relazione all’assunzione di alcuni dipendenti “graditi” alle cosche e la potestà di regolamentazione dell’esercizio del commercio e, più in generale, il controllo sulle attività economico-produttive del quartiere Santa Caterina di Reggio Calabria. Alcuni indagati sarebbero stati aiutati da M.A.M.C. che lavorava, come impiegata a tempo determinato e con mansioni esclusivamente esecutive, all’ufficio Gip presso il Tribunale di Reggio Calabria. La donna avrebbe informato alcuni indagati dell’esistenza di un’inchiesta a loro carico. Questa notte è stata arrestata con l’accusa di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio aggravata dalla circostanza di aver agevolato la ‘ndrangheta. Assieme a lei, con la stessa accusa, è finito in manette anche il marito D.N., a cui la donna avrebbe rilevato le informazioni coperte da segreto, apprese negli uffici giudiziari, che sarebbero poi state riferite da quest’ultimo al fratello C.S.N..Altre sei persone sono state arrestate per intestazione fittizia di beni, essendosi prestate a fare da prestanomi ad appartenenti alle cosche operanti in città, al fine di consentire loro di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniale.