Ormai da troppo tempo rigore e certezze vengono sistematicamente negati nella disamina di eventi della vita pubblica cittadina per drogare la pubblica opinione con il panem et circenses rappresentato dal fallace teorema “non poteva non sapere”. Avere conferito dignità di sistema a questo ignobile artificio di pensiero, ha prodotto nella nostra città conseguenze devastanti che non si riducono soltanto ad un anno e mezzo di vacui slogan o di tagli di nastri di opere concepite e realizzate da chi sapeva davvero ciò che immaginava e voleva per la città operando alacremente. Non è un caso, infatti, che il degrado cittadino sia fotografato dall’ultimo posto occupato tra le smart cities e dal subitaneo crollo verticale cui è andata incontro la cosiddetta “svolta” nelle classifiche di gradimento.A rendere ancor più spessa la coltre medioevale che ha ripreso a soffocare Reggio Calabria, ci hanno pensato, dopo l’intollerabile sconcio della vicenda Miramare, dapprima la smart assessore Agata Quattrone, richiamata in città dalla sua residenza romana, quindi la collega Patrizia Nardi, importata dalla ridente Piana di Gioia Tauro, forte di un plurichilometrico curriculum al quale attingere per spargere cultura in riva allo Stretto ed a beneficio degli AMICI DELLA MUSICA. Sono stati proprio i curricula a rivelare il palese conflitto d’interessi delle due wonder women rispetto ad atti amministrativi a dir poco discutibili ed, in quanto tali, idonei a meritare l’immediato interesse dell’Autorità Nazionale Anti Corruzione e della stessa Magistratura verso l’intera Giunta Comunale, che è un organo collegiale. La città ha così appreso di vicende dai contorni opachi, nelle quali, di trasparente, c’è solo la connivenza dell’imbarazzante silenzio del Sindaco che ha scelto entrambe le signore su base fiduciaria e che sin qui ha ritenuto di potersi concedere, a dispetto dei suoi concittadini, il privilegio tipico di chi, per definizione, può non sapere. Ma l’inammissibile atteggiamento dell’inquilino di Palazzo San Giorgio, con la sua imperscrutabile sicurezza della impunità, una “base” ce l’ha, ed è l’indifferente silenzio, complice al limite dell’omertà, dei maitres a penser che ci si ritrova nel perimetro urbano. Certa intellighenzia reggina ha smesso di strillare, perché, oggi, salvo rare eccezioni, non si lanciano più all’intero pianeta appelli alla legalità, quella parolaia e “forte” dell’arbitrario e inaffidabile convincimento che qualcuno “sapeva” in quanto “non poteva non sapere”. Fino a non molto tempo fa, lo scenario cittadino era, infatti, ben diverso da quello attuale: si strillava (eccome!) ed il delirio era funzionale alla “logica”, preventivamente pianificata, che riduceva l’analisi delle dinamiche politico-sociali della città all’alternativa manichea che sacrifica la forza dei fatti per privilegiare la pregiudiziale dell’identità di chi i fatti ha prodotto, nonostante i fatti siano ancora lì a dimostrare opere pubbliche realizzate e qualità della vita che oggi non sono più alla nostra portata. E’ questa la misura della deriva culturale della città voluta dalla partigianeria di chi, oggi, ipocritamente tace davanti ai misfatti, fa finta di nulla davanti agli illeciti e non si indigna più, consolandosi con la scrivania conquistata grazie a qualche scenografica marcia di protesta di cui non si ha più traccia. Sono spente le fiaccole dell’indignazione “a comando”, ma le tenebre che avvolgono la città non impediscono di vedere che è questa, solo questa, la gente a cui evidentemente sta bene che a Reggio “il re non fa corna”. E questo il Sindaco lo sa!
AZIONE NAZIONALE – Reggio Calabria