Sui media spopola in questi giorni la questione dell’utero in affitto una pratica che in termini tecnici viene invece definita maternità surrogata. Consiste nella gravidanza portata a termine sino al giorno del parto da una donna per conto ed i nome di una coppia sterile, omosessuale o di un single. La fecondazione della madre surrogata avviene generalmente in vitro con seme e ovuli della coppia richiedente o, se necessario, di donatori e donatrici. L’embrione viene impiantato nell’utero “dell’incubatrice umana” che al momento del parto sarà mamma solo per Madre Natura in quanto la madre legale sarà colei che ha conferito (comprato) i geni. Già dopo la fecondazione degli ovuli, si procede alla stipula di un contratto con l’agenzia specializzata nel Paese prescelto, che “procurato” dopo una ricerca la madre “contenitore”. Requisiti fondamentali per la scelta dell’incubatrice umana sono l’affidabilità, la buona salute e la circostanza di essere già state madri. In Italia, la legge 40 del 2004, vieta espressamente questa procedura ma le coppie nostrane aggirano la legge spostandosi in Paesi dove questa pratica è consentita dal diritto. Canada, Stati Uniti, Russia, Ucraina o India sono alcuni degli stati che monetizzano ed appagano il bisogno di chi vuol diventare padre o madre a tutti i costi. Con differenze di prezzo notevoli: dai circa 20mila in India fino a più di 100mila euro negli States. Gli italiani che vi ricorrono sono più di quanti che si possa immaginare nel 2011 idati parlano di 4 mila persone. Il problema a cui vanno incontro i nuovi genitori al momento del rientro in Italia è dato dal riconoscimento del certificato di nascita del bambino e quindi della relativa attestazione di genitorialità. Il rischio è che la coppia sia accusata di “alterazione di stato di nascita”, un reato punito dal codice italiano con la reclusione da 3 a 10 anni, quindi onde evitare cattive sorprese occorre l’assistenza di buoni legali specializzati in diritto internazionale. Per chi ha pagato l’assistenza in Canada e Stati Uniti ( meta generalmente per le coppie omosessuali in quanto in altri paesi il matrimonio tra due uomini non è riconosciuto) al rientro in Italia non ci sono problemi penali, i bambini hanno già cittadinanza e passaporto americani o canadesi. Per chi decide di effettuare l’acquisto in Ucraina o in Russia il problema diviene il fatto che in questi stati i neonati non hanno nessuna cittadinanza finché non acquisiscono quella italiana tramite la trascrizione allo stato civile del certificato di nascita. Necessitano obbligatoriamente un’autorizzazione del Consolato italiano per uscire dal territorio in cui sono stati partoriti. Il consolato ha quindi l’obbligo di segnalare il tutto alla procura e questo potrebbe generare il sospetto che si tratti di maternità surrogata. In Ucraina occorre presentare un documento che certifichi il matrimonio e l’impossibilità di procreare, non vi possono accedere sia i single, possibilità invece data in Russia sopratutto alle donne e gli omossessuali. Qualcuno inizia a parlare di turismo procreativo, noi preferiamo definirlo come un ramo del business che riguarda la genetica. pare che la società più grande che si occupa di questi affari abbia sede per l’Europa in Ucraina (non occorre dilungarsi per spiegarne i motivi). Anche qui occorre differenziare le circostanze una coppia eterosessuale che ha difficoltà nel procreare da una coppia omossesuale che per natura non potrebbe procreare. Ma siamo di fronte a qualcosa di ben più preoccupante, sulla carta c’è infatti la possibilità di scegliere e possibilmente “creare” individui di serie A, nati da padri e madri scelti che tra coloro che hanno i migliori geni compatibili (questo vale ovviamente solo per coloro che hanno le possibilità economiche di scegliere le cliniche migliori). Creare una diseguaglianza anche tra coloro che nascono da madri surrogate affittate da ricchi e quelle a buon mercato. Ma sopratutto cosa ne sarà di tutti quei bambini “imperfetti” (con geni che non garantiscono alcun parametro) nati dalle coppie normali? Cosa ne sarà di tutta quella serie di emozioni che la madre trasferisce al figlio durante la fase gestazionale, quei nove mesi che creano il rapporto indissolubile tra madre e figlio? Il bambino una volta uomo ha il diritto di sapere chi sia la sua vera madre? La vera madre ha il diritto di non fargli sapere che per lei era solo un lavoro come un’altro anche ben retribuito? Sono interrogativi che vanno ben al di la dei figli comprati o adottati da parte delle coppie omosessuali. Un tema attuale verso il quale esprimiamo il nostro totale disappunto. Il costo di un’incubatrice umana è di 10\15 mila euro… immaginate cosa succede in stati in cui lo stipendio mensile è di 150€. Al fine di evitare differenziazioni sugli individui occorrerebbe una legislazione univoca a livello internazionale.
Fabrizio Pace