E’ tanto il piacere di esternare con i giornalisti che, quando si trova a tu per tu con essi, il gesuita Papa Francesco molla le briglie e corre a spron battuto. Lo aveva fatto con Marino (“Io non ho invitato il sindaco Marino, chiaro? E neppure gli organizzatori, ai quali l’ho chiesto, lo hanno invitato. Si professa cattolico, è venuto spontaneamente”. Stavolta lo ha fatto con Donald Trump, uno dei candidati alle primarie USA (“una persona che pensa solo a fare muri, e non ponti, non è cristiana”) determinando una piccata reazione con “è vergognoso che un leader religioso metta in dubbio la fede di una persona”. Non crediamo che sia solo la stanchezza della trasferta a giocare brutti scherzi e a spingere il nostro protagonista a non frenare alcuno stimolo logorroico. Però se per Marino le cose non hanno creato alcun vero problema, di certo l’essere entrato a gamba tesa nella campagna elettorale degli USA non è un problema che poteva essere ignorato. Marino era in disarmo, Trump forse diventerà il Presidente degli Stati Uniti tanto da spingere il Vaticano a correre ai ripari. Ci ha pensato il portavoce padre Lombardi che dopo aver ricordato che quello dei muri è una posizione del Pontefice ormai da molto tempo “e, quindi, non è affatto una questione specifica limitata a questo caso”. Padre Lombardi ha ricordato che quanto avvenuto “è stato molto rilanciato, ma non è che volesse essere, in nessun modo, un attacco personale né un indicazione di voto”. Precisazione opportuna dopo che Trump ricordando le alte mura leonine (dal nome del papa che le ha fatte erigere attorno alla città del Vaticano, Leone IV), ha teso a sottolineare che se issare la bandiera nera dell’ISIS in San Pietro è l’obiettivo finale dello Stato Islamico,”il Papa dovrebbe pregare che Donald Trump diventi presidente, perché così questo non accadrà”. E’ anche un modo, questo di Trump, per ricordare che lui non è un Marino qualsiasi ma può diventare Capo di Stato (e che Stato! trattandosi degli USA), così com’è capo di stato Francesco I, ma con una differenza sostanziale che era insita nella famosa domanda di Stalin quando gli parlavano del Papa, chiedendo: “ma questo Papa quante divisioni ha?”. Ora senza nulla togliere al potere spirituale che il Capo della Chiesa ha sul mondo cattolico, è abbastanza chiaro che questo potere, senza ‘divisioni’, conterà ben poco dinanzi ai tagliagole dell’ISIS ed alla loro ferocia. E allora, più che tentare di raccogliere il latte, dopo averlo versato, è opportuno evitare di versarlo non ‘immischiandosi’, direttamente ma anche indirettamente, nei problemi dei singoli stati. Cosa che può succedere dato che l’attuale papa ama, per l’evangelizzazione, girare il mondo, e non è certo che sempre si possano incontrare persone che, condizionati dalle elezioni primarie prima e da quelle reali dopo, decidano, come ha fatto Trump di chiudere l’incidente con un “wonderful guy” (un tipo meraviglioso) riferito a Papa Francesco. L’errore, comunque, sta sempre nel voler cogliere il ‘politicamente corretto’, quale è la critica a personaggi osteggiati dalla sinistra (che si presenta anche sotto forma di domande del giornalista di turno), che se viene associato ad un terreno fertile, per la propensione dell’attuale papa a cavalcare il populismo che spesso dilaga nel qualunquismo come necessario pane quotidiano, può diventare realmente pericoloso. La Chiesa, proprio nell’anno del giubileo della Misericordia di tutto ha bisogno ma non d’essere continuamente al centro delle polemiche.
Giovanni Alavaro