La “morte” di Schengen di cui ogni tanto si paventa è in realtà un avvenimento catastrofico per l’economia Europea con ripercussioni pesanti anche su quella mondiale. Nell’immagginario collettivo eliminare Schengen avrebbe la conseguenza di aumentare i controlli alle frontiere, quindi qualche migliaio di clandestini in meno, bloccare la libera circolazione tra gli stati membri e creare inconvenienti per i viaggiatori. In realtà non è così il problema è molto più complesso e riguarda prima di tutto l’economia. Importazione ed esportazioni di beni risentirebbero in maniera decisiva a diversi livelli, dalla rapidità ai dazi doganali che farebbero innalzare i prezzi. La morte di Schengen comporterebbe nell’ipotesi più rosea la perdita di 470 miliardi di euro nel Pil europeo all’ipotesi più negativa di circa 1.4 trilioni di perdite. E le stime fatte dai diversi studi riguardano un’economia che ha una crescita minima dell’1%, scenari apocalittici si prospetterebbero se vi fosse una crescita del 3% come tutti ci auspichiamo da anni e come pare gli analisti di settore abbiano previsto dal il 2016 e il 2025. Tutti gli stati membri dell’UE con l’eventuale abolizione di Schengen potrebbero subire conseguenze economiche. Sia “Paesi come la Germania che hanno un’economia forte e un livello di occupazione alto potrebbero far fronte alla crescita dei prezzi, mentre stati con economie più deboli come la Francia, la Spagna e l’Italia registrerebbero una riduzione più sostanziosa della crescita economica” sono le parole Thiess Petersen consulente senior di Bertelsmann Stiftungriprese che risponde sul tema a Il Sole 24 Ore.
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About the Author: Fabrizio Pace
Fabrizio Pace è giornalista e direttore del quotidiano d’Approfondimento on line www.IlMetropolitano.it e dell’allegato magazine di tecnologia e scienza www.Youfuture.it.