quando i beni confiscati diventano davvero beni comuni.
Dopo soli 9 mesi, il laboratorio sartoriale sociale “Sole Insieme” si è aperto alla città. Un risultato straordinario, quello raggiunto dalla rete di partneriato e dai makers con ReActionCity Women, progetto di innovazione sociale urbana che questa volta agisce sull’inclusione delle donne in città. Come emerso chiaramente nel corso dell’affollata inaugurazione di via Possidonea 53, lo straordinario sta nel coraggio delle donne in difficoltà di mettersi insieme per fare impresa in una realtà imprenditoriale spesso compromessa dalla ndrangheta e in un bene confiscato recuperato grazie al lavoro di detenuti del carcere di Arghillà e al suddetto network socio-istituzionale operativo nel progettare la riqualificazione, fornire i materiali, formare le donne, così come nell’organizzare e nel coordinare l’intera operazione. E’ stato lanciato un nuovo approccio ai beni sequestrati e confiscati replicabile altrove, come beni comuni. «Ciò è stato possibile grazie alla collaborazione di tutti i soggetti coinvolti. Nessuno è stato protagonista, tutti importanti. C’è stata grande unità nel portare a compimento questa impresa in soli nove mesi e con l’esigua somma di 21mila euro» ha affermato la consigliera di parità della Provincia Daniela De Blasio, promotrice dell’azione, subito dopo il classico taglio del nastro e la benedizione dell’arcivescovo Giuseppe Fiorini Morosini. «ReActionCity ha fatto capire che la città può essere differente, con azioni innovative abbiamo coprodotto giustizia per una bellezza di tutti. Abbiamo recuperato un bene chiuso e in condizioni catastrofiche che era un danno per Reggio e i reggini. Attraverso gli eventi organizzati da Pensando Meridiano, abbiamo aperto il cantiere ai cittadini dimostrando che il bene è collettivo e non di chi lo deve gestire» sono state le parole della professoressa Consuelo Nava, responsabile scientifica del progetto. Nel corso dell’inaugurazione, ci sono state molte voci consapevoli del valore di questo spazio, come quello che lavoreranno 6 donne, che il cortile retrostante la sartoria sarà aperto alla città con eventi e che sarà luogo di conciliazione lavoro-famiglia ospitando i figli delle stesse lavoratrici. E si è rilanciato, chiedendo alle numerose personalità istituzionali e alla cittadinanza presenti il sostegno per recuperare gli altri due piani sovrastanti seguendo la medesima filosofia, oltre che annunciata un’azione di divulgazione di ReActionCity Women dentro e fuori i territori della costituenda città metropolitana. Ad intervenire anche il presidente della Provincia Giuseppe Raffa («Abbiamo sostenuto queste donne che hanno riconquistato speranza dopo lo smarrimento, questa è una buona prassi estendibile altrove»), il presidente del Tribunale di Reggio Luciano Gerardis affiancato dalla presidente sezione misure di prevenzione Ornella Pastore («Vanno lodati metodo, il mettere insieme società ed istituzioni, e merito, il dimostrare come si possa dare fini sociali ad un bene frutto di illeciti»), la direttrice della Casa circondariale di Arghillà Maria Carmela Longo («Lavorando volontariamente e gratuitamente per due mesi, i detenuti hanno dimostrato di essere risorse per la società e non persone emarginate. Occorre ringraziare di questo anche la Sai assicurazioni che ci ha consentito che operassero in sicurezza») e l’assessore provinciale alla Legalità Eduardo Lamberti Castronuovo («Con questa operazione è stata cucita una camicia di forza alla ndrangheta. Non è semplice, ma questa volontà e questa coesione hanno fatto capire che si può»). Così come il presidente della Commissione regionale antindrangheta, l’on. Arturo Bova («I beni sottratti alla criminalità e restituiti alla comunità sono una bella e concreta risposta. Speriamo che ci siano sempre meno parole e più inaugurazioni come queste»), la presidente della coop “Sole Insieme” Giusy Nuri («La sinergia tra i soggetti coinvolti non era scontata, ma ci siamo riusciti. Le donne hanno creduto in noi dopo esser partite praticamente da zero»), il presidente dell’Agape Mario Nasone («La città deve fare proprio questo bene, visto che la sartoria parla ad essa. Adesso è più ricca, non perché nasce un’impresa, ma perché esprime speranza. Stia vicina alle donne») e il sindaco Giuseppe Falcomatà («E’ stata fatta un’operazione di “agopuntura sociale” togliendo il bisogno e creando lavoro e sviluppo. Vogliamo utilizzare sempre più “aghi” di speranza attraverso azioni di rigenerazione sociale ed urbana»). E pure la cittadinanza, visitando i locali e mostrando già interesse a sostenere l’attività lavorativa del laboratorio.