15\12\2015 – di Marcello Forcellini – Il sistema finanziario ha sperimentato tre passaggi fondamentali che hanno coinvolto direttamente tre ambiti di compliance. Gli attacchi terroristici del 2001 hanno spinto gli Organismi Internazionali, congiuntamente con gli Stati, a rafforzare i presidi di controllo in merito all’origine dei capitali al fine di contrastare il finanziamento al terrorismo e i fenomeni di riciclaggio del denaro. Successivamente la crisi finanziaria del 2008 ha spinto gli stessi Organismi Internazionali a rafforzare i presidi di controllo sull’adeguatezza patrimoniale e in particolare sulla liquidità degli intermediari finanziari per garantire la stabilità e la crescita finanziaria in un alveo definito di regole. Infine, nel 2014, gli Stati hanno deciso di operare sullo stesso level playing field, attraverso lo scambio automatico delle informazioni, per contrastare i fenomeni distorsivi di natura fiscale e finanziaria. Questi trend internazionali stanno spingendo gli intermediari finanziari a ottimizzare le risorse attraverso processi di aggregazione o internazionalizzazione. Di pari passo le giurisdizioni sono chiamate a compiere degli sforzi importanti per permettere non solo la conformità dei sistemi, ma anche lo sviluppo economico-finanziario. I nuovi standard sulla trasparenza, il Foreign Account Tax Compliance Act (FATCA) e il Common Reporting and Due Diligence Standard (CRS), sicuramente imporranno, in questo momento, agli intermediari finanziari di modificare nuovamente il loro modo di fare business. Che lo scambio automatico delle informazioni sia un approccio del tutto nuovo è anche avallato dalle novità legate alle procedure di regolarizzazione come la voluntary disclosure italiana (e l’introduzione dell’auto-riciclaggio) o le Streamlined Foreign Offshore Procedures e voluntary disclosure statunitensi. Infatti, diversamente dalla concezione tradizionale di “scudo fiscale”, queste nuove procedure legano il concetto di regolarizzazione con il concetto di “dichiarazione”. La volontà di tutte le giurisdizioni a collaborare per raggiungere il medesimo risultato sembra essere la risposta al problema dei fenomeni distorsivi fiscali che hanno flagellato i bilanci pubblici per anni. Gli intermediari finanziari, dunque, dovranno operare in un mercato caratterizzato da una equiparazione formale e sostanziale delle regole, senza lasciare spazio a possibili nicchie opache in ambito fiscale e/o finanziario. Questa evoluzione, fra l’altro, permetterà anche un maggior controllo nella fase di screening e di monitoring delle attività fra gli operatori stessi e fra i propri clienti, riducendo le possibilità di tenere comportamenti distorsivi quali il moral hazard e l’advers selection. I sistemi bancari dei principali distretti finanziari si priveranno di asset storici (come la riservatezza bancaria) per operare nei mercati finanziari senza limitazioni economiche e geografiche. Dunque, gli operatori guadagneranno la possibilità di operare su una scala più ampia dimostrando, poi, le proprie abilità operative. Le giurisdizioni hanno compiuto un vero e proprio atto di fede il 29 ottobre 2014 con la firma del Multilateral Competent Autority Agreement (i.e. MCAA), poiché hanno imposto agli intermediari nazionali di cedere, oggi, le informazioni sui propri clienti, con la speranza di poter operare, domani, senza distinzioni e/o vincoli di alcun genere. Un ragionamento a parte dovrebbe essere svolto per le giurisdizioni che sono state caratterizzate dal segreto bancario. Si consideri che buona parte delle giurisdizioni mondiali, fra cui per esempio San Marino, Italia e Svizzera, hanno avviato da tempo numerosi processi interni di adeguamento ai principi internazionali sulla trasparenza, cooperazione fiscale e supervisione bancaria sia per una ripartizione periodale dei costi sia per mantenere elevate le valutazioni che gli Organismi Internazionali competenti assegnano nelle loro revisioni periodiche. In detti distretti finanziari, nonostante i costi impliciti ed espliciti che pesano notevolmente sui margini reddituali degli istituti di credito e non per ultimo lo stesso erario, si riscontrano due conseguenze diametralmente opposte con due distinti rapporti costo-opportunità: da un lato, il recepimento degli standard internazionali ha prodotto un miglioramento dell’immagine del Paese partecipando ad aumentare il grado di fiducia della clientela e dunque sostituendo il valore attribuito al segreto bancario con il valore attribuito alla conformità dell’impianto normativo aprendo presumibilmente la strada a nuove opportunità d’investimento, dall’altro, il recepimento degli standard internazionali ha ridotto il volume di denaro della clientela (V) e aumentato i costi (C) di breve termine imponendo agli operatori di sostenere numerosi investimenti in Information Technology, riorganizzazione e formazione del personale, peraltro in un contesto generale di forte crisi economica che perdura tuttora. Gli sforzi che le varie giurisdizioni stanno compiendo per poter scambiare le informazioni automaticamente sono molteplici poiché da un lato, potrebbe essere richiesta la necessità di emendare la normativa interna (primaria e secondaria), dall’altro, sorge la necessità di organizzare le strutture interne delle Autorità competenti e degli operatori per predisporre i controlli e il trasferimento dei dati. Di conseguenza, ogni giurisdizione presenta delle peculiarità interne che hanno comportato una differenziazione delle tempistiche. Sotto il profilo dell’antiriciclaggio, San Marino rappresenta un esempio peculiare poiché è riuscito ad adeguarsi alla maggior parte delle normative internazionali, introducendo anzitempo nel proprio ordinamento giuridico prassi che non hanno ancora raggiunto un’ampia diffusione internazionale, come il reato di auto-riciclaggio. Per esempio, tale reato è stato introdotto solo ultimamente dalla Repubblica Italiana congiuntamente al provvedimento della voluntary disclosure. Una strategia interessante è stata adottata dal MEF della Repubblica Italiana che ha emesso la bozza del decreto attuativo sul FATCA prima dell’approvazione parlamentare, dando tempo agli operatori assoggettati di implementare le procedure interne nella maniera più corretta. Per risolvere il problema della pluralità delle scadenze che rischiano di generare una moltiplicazione dei costi in capo ai diversi operatori del settore, facendo aumentare, al contempo, la probabilità relativa al rischio operativo, sta prendendo piede l’idea della big bang adoption. Detto approccio, non permetterebbe solo di ottimizzare i costi, ma garantirebbe all’intermediario finanziario interessato di mantenere una visione complessiva sulle evoluzioni e sulle convergenze operativo-normative che gradualmente si vanno a delineare nello scenario internazionale.
Fonte Banche&Banchieri – Diffusione : Retewebitalia.net