Special Olympics: una folla, all’improvviso

Special OlympicsE si spezza nell’allegria dell’inclusione l’ordinarietà di un sabato pomeriggio. C’è un fermento gioioso tra i corridoi del centro commerciale, questo sabato. Le risate illuminano semplici i volti e le mani si intrecciano tra i palloncini rossi.  Rossi come gli addobbi di Natale della Special Olympics Italia, che adornano un ramo verde di speranza, all’ingresso. Rossi come le magliette di piccole aggraziate danzatrici accorse a sostenere i nostri atleti speciali. Rosse come lo striscione dello Special Olympics che Luisa Elitro, volitiva e intensa come il suo storico impegno profuso nella direzione regionale, vuole che venga ben teso quando scatteremo la foto finale. Che sia teso tra le nostre mani, quello striscione lungo come il percorso delle nostre vite, a simbolo della unità che in questo sabato pomeriggio ci infonde coraggio e serenità. Teso come le braccia che agitano i palloncini al ritmo incalzante della musica tra la gioia di animi che si fondono l’un l’altro. Teso come i pattini a rotelle delle atlete i cui volti si confondono a ritmo di musica con quelli dei nostri atleti. Perché ad accomunarli c’è qualcosa che va anche oltre lo sport e la solidarietà. Quel qualcosa che tiene insieme tutte queste meraviglie è la voglia di essere vivi e felici, tutti insieme, adesso. Senza che rilevi quanti cromosomi hai tu e quanti ne ho io. Non importa, perché è qualcosa che non serve per dare luce alle nostre vite e per avere voglia di dirlo al mondo intero ballando insieme, proprio adesso, all’improvviso, mentre i passanti si fermano stupiti e divertiti.  Così, dopo un fischio di inizio che solo per un istante sembra zittire le voci che scintillano nell’aria, tutti danzano armoniosamente insieme e si confondono tra loro nella gioia, al punto di non poter più riconoscere quali tra noi siano gli “abili” e quali i “disabili”. Le magliette bianche, azzurre e rosse che tengono al caldo i cuori più puri che io abbia mai sentito battere, sono d’un tratto uguali a tutte le altre. Quelle magliette non sono più dei ragazzi “diversamente abili”, ma si confondono con quelle di tutti coloro che ballano non “accanto” a loro, bensì “tra” loro.  Insieme a loro.  E mentre la stessa cosa accade, nel medesimo istante, a Roma, Milano, Torino, Firenze, Venezia e mille altre città d’Italia questo sabato pomeriggio, io penso alla forza della parola “inclusione”, scelta nel 2007 dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità.  Inclusione, penso mentre scatto le ultime fotografie, è cambiare prospettiva.  Inclusione è non limitarsi a sostenere, ma promuovere le condizioni necessarie per far sì che ogni essere umano divenga parte di una comunità che viva di contesti relazionali effettivi e dinamici. Una comunità nella quale ciascuno possa interagire con tutti, senza che la propria identità costituisca un limite.  Inclusione è riconoscimento e tutela dei diritti di ogni uomo. Inclusione è una folla, all’improvviso, in un sabato pomeriggio divenuto straordinario.

Patrizia Morello

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