Circola ormai da tempo l’idea di sottoporre a referendum la realizzazione del Ponte sullo Stretto. Anche nell’ultimo convegno organizzato a Messina dalla Rete civica per le Infrastrutture al Sud qualche intervento ha riaffacciato l’ipotesi dimenticando che tutte le grandi opere costruite in Italia non sono mai state sottoposte a tale eventualità a partire dalla Tav dicendo, giustamente, ché trattasi di infrastruttura considerata di interesse nazionale ed europeo. Ma vivaddio anche il Ponte ha questa valenza, per cui chi propugna il referendum o è in malafede o è totalmente disinformato. Tra i disinformati c’è anche il campione delle chiacchiere un tanto al kilo, il premier Matteo Renzi, che pensa che il Ponte sia solo un’opera di grande ingegneria e che il nostro Paese, quando si farà, potrà sfoggiare come “…un altro bellissimo simbolo dell’Italia” punto e basta. Del motivo vero che sta alla base della costruzione del Ponte, buio fitto: niente trasporto container, niente Alta Capacità, niente uso sistemico dei porti meridionali, tra cui Augusta e Gioia Tauro. E la cosa è tanto più grave se si pensa che altri stanno lavorando in questa direzione. La Spagna e la Francia sono impegnate a realizzare il FerrMed costituito da associazioni imprenditoriali per la promozione del Grande Asse ferroviario per le merci Scandinavia-Reno-Rodano-Mediterraneo occidentale utilizzando i porti di Barcellona, Siviglia e Marsiglia. L’Egitto ha provveduto a raddoppiare il Canale di Suez che permette di far transitare enormi carghi e di permettere la traversata in 11 ore anziché 18. La Germania con la Merkel è preoccupata della possibile concorrenza italiana ai porti del Nord Europa (Rotterdam, Amburgo e Anversa) e indica a Monti i ‘compiti da fare a casa’ e lui, senza batter ciglio, liquida il Ponte. La Cina che era fortemente interessata al corridoio 1 (Berlino-Palermo) ed era disposta a finanziare la costruzione del Ponte e la costruzione dell’A/C e dell’A/V tra Salerno, Reggio e Palermo, viste le scelte del bocconiano Monti (autodefinitosi ‘il più tedesco degli italiani’) nei confronti del Ponte ha abbandonato l’idea di usare il Sud d’Italia come piattaforma logistica e si è ‘comprata’, per 3,3 miliardi, il porto del Pireo ad Atene e lo terranno per almeno 35 anni. Quel porto sarà l’anello finale, per i cinesi, della ‘nuova via della seta’ attraverso la quale faranno entrare in Europa buona parte dei container riempiti dalla Cina o viceversa spediti verso l’Estremo Oriente. E’ chiaro che la Merkel ha teso a difendere lo status quo dei porti del Nord non rendendosi conto che la quantità di container che transitano nel Mediterraneo è enorme e si avvia a raddoppiare passando in pochi anni dagli attuali 5 milioni di teu al mese ad oltre 10 milioni. Quello che non è chiaro è l’atteggiamento dei governi italiani che si stanno facendo sfuggire di mano la gallina dalle uova d’oro (cecità, incapacità, sottomissione?) e quando si renderanno conto forse molti giochi saranno già stati fatti ed è difficile poterli modificare. Si parla di difficoltà finanziarie ma si trovano i fondi per le regalie elettorali. Ma dette difficoltà sono un falso problema. L’Italia può avviare la ripresa dei lavori per il Ponte utilizzando la penale che la Salini-Impregilo dichiara di non volere se si riparte coi lavori. Immediatamente, con una legge cornice si riapre il mercato dei capitali e, col sistema del project financing, si intercettano i finanziatori privati. Infine va usata la proposta di Francesco Forte per finanziare le opere complementari a terra che erano state concordate con i relativi enti locali. Detto finanziamento dovrà essere a carico delle imprese costruttrici del Ponte e trasformate in credito d’imposta. La ripresa della costruzione del Ponte non sarà, quindi, un aggravio per le disastrate casse dello Stato che al contrario riceverà dal Ponte un consistente incremento del proprio PIL per i salari erogati, la diminuzione della disoccupazione e il rilancio di molti settori collaterali. Pietro Salini quantifica questo aumento degli incassi dello Stato in non meno di 10 miliardi. Senza parlare di quanto poi entrerà nelle Casse delle Ferrovie per il trasporto dei container che potranno servire per ricostruire buona parte della rete ferroviaria italiana senza ulteriori aumenti del deficit italiano.
Giovanni ALVARO