di Sonia Topazio – Con il Decreto Legge “Sblocca Italia” del Governo Renzi, convertito in legge dal Parlamento Italiano, all’articolo 38 lo Stato avoca a se le determinazioni di politica energetica nazionale, ed in particolare le concessioni petrolifere. Il fabbisogno energetico lordo del Paese nel 2014 è stato di 166,43 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, con un decremento del 3,8 % rispetto al 2013. Nonostante la diminuzione della domanda di energia primaria confermi il trend di riduzione registratosi negli ultimi anni, rappresentando il valore, in termini assoluti, più basso da 18 anni, il petrolio si conferma come il combustibile fossile più utilizzato. Lo Stato riconosce che la Basilicata rappresenta il nodo centrale del sistema dell’energia per il Mezzogiorno, svolgendo un ruolo cruciale per l’intero Paese. In Val d’Agri, infatti esiste il più grande giacimento petrolifero dell’Europa continentale, che porta all’Italia oltre l’80% della produzione nazionale di greggio, coprendo ad oggi circa il 6% del fabbisogno energetico nazionale. Grazie a questo riconoscimento, il 29 aprile di quattro anni fa, si firmava il memorandum di intesa Stato-Regione Basilicata per raddoppiare le estrazioni petrolifere di Eni e Total. Nell’accordo di intesa si legge che quest’anno entra in produzione l’importante giacimento di Tempa Rossa (sono in pista da poco anche i giapponesi della Mitsui, partner di Shell e Total),che porterebbe un incremento del 40% della produzione petrolifera italiana. Da ciò deriverebbe la progressiva riduzione della dipendenza estera per l’approvvigionamento energetico e un significativo aumento del già importante contributo della Lucania che, così, coprirebbe oltre il 10% del bilancio energetico.
Al Prof. Aldo Berlinguer, docente di Diritto Comparato nell’Università di Cagliari e Assessore all’Ambiente, Territorio, Infrastrutture, Opere Pubbliche e Trasporti della Regione Basilicata, rivolgiamo una serie di domande.
Prof. Berlinguer, con lo “Sblocca Italia” il potere contrattuale passa nelle mani dello Stato; chi si gioverà delle royalties?
Con lo sblocca Italia sono state accentrate le procedure di valutazione di impatto ambientale. Le abilitazioni alla coltivazione di idrocarburi erano e restano statali. Evidentemente il Governo ha ritenuto utile allocare dette valutazioni in capo alla commissione ministeriale ma non credo che, all’atto pratico, questa scelta cambi di molto il quadro. Certo, le istituzioni territoriali perdono competenze ma questa é una tendenza ben più ampia che non riguarda solo la politica energetica in campo petrolifero ma tanti altri settori. Per quanto riguarda le royalties, sono una misura compensativa: per ciò stesso vocata a “compensare” i lucani del consumo di territorio che le estrazioni comportano. Le royalties sono certo servite al territorio ma vi sono stati anche sprechi e in alcuni casi sono state utilizzate per far fronte alla spesa corrente o per riparare buchi di bilancio generati dagli enti locali. Le royalties, non dimentichiamolo, confluiscono nei bilanci pubblici e sono pertanto state spesso intrappolate nel patto di stabilità. Per tutti questi motivi sarebbe auspicabile una rivisitazione di questo paradigma, privilegiando misure che vadano a beneficiare direttamente imprese e cittadini, come forme di sollievo fiscale per chi vive ed opera in Basilicata. Senza la leva fiscale non si può suscitare sviluppo economico.
Quindi questo accentramento é figlio anch’esso della crisi del regionalismo?
Prima tutti federalisti, ora tutti neocentralisti. Vede, probabilmente noi italiani non abbiamo capito quale sia il livello ottimale degli enti territoriali e quali competenze debbano avere. Nel frattempo sono state riformate le province mentre continuano ad esistere Comuni con meno di cento abitanti cui restano demandate funzioni di programmazione che non possono oggettivamente assolvere. Così, in quest’ambito, é certo che gli idrocarburi siano una risorsa nazionale ma occorre trovare comunque un’intesa con le comunità territoriali che li ospitano. È questo è il compito della politica: che deve saper scegliere e mediare al contempo
Nonostante l’attività estrattiva dal più grande giacimento europeo, il PIL in Basilicata negli ultimi anni è diminuito di circa il 3,2%. Cosa non ha funzionato delle linee d’azione definite nel Protocollo d’intesa Stato-Regione?
Vede, molto semplicemente il cd. Upstream petrolifero genera poca occupazione. Occorre quindi travasare i benefici del petrolio su altri settori produttivi: agricoltura, turismo, manifatturiero. E per far ciò l’unico sistema efficace é una riduzione della pressione fiscale per tutte le produzioni, altrimenti siamo punto e a capo. Con le sole royalties, per di più intrappolate nei bilanci degli enti territoriali, noi alimentiamo la filiera del pubblico, mentre dovremmo favorire l’impresa, senza la quale non avremo mai un Pil in crescita.
A fronte del grande contributo della Regione Basilicata alla bilancia energetica nazionale, quali sono state le strategie adottate in questi anni in ambito universitario al fine di far convogliare programmi di ricerca scientifica e impresa?
Nessuna convivenza è possibile tra petrolio e territorio se non si investe in formazione e se non si rendono cittadini ed enti locali edotti di tutte le problematiche ed opportunità che genera questa risorsa. Inoltre, anche l’occupazione risente grandemente del grado di conoscenza diffuso su un territorio e non ci possiamo lamentare se tanto lavoro qualificato viene attinto in altri luoghi quando ben pochi, in Basilicata, dispongono della necessaria expertise in materia petrolifera. Anche per questo, con UNIBAS, abbiamo avviato dei percorsi nuovi, come il recentissimo Master in Idrocarburi e riserve, appena inaugurato, che consentirà ad una trentina di giovani lucani, ogni anno, di trovare sbocchi professionali in ambito petrolifero. Ma consentirá a costoro, un giorno, anche di sedersi al tavolo con le Compagnie petrolifere e poter dire la propria, ad armi pari.
Il suo progetto di “zona franca” studia una proposta di legge che solleverebbe i lucani e le imprese che operano in Basilicata dal pagare la quota di accisa nazionale sugli idrocarburi. E’ una strategia per rafforzare la competitività?
Si. E’ giusto che i lucani paghino meno degli altri tutti i prodotti di derivazione petrolifera e non il contrario. Ed é uno degli strumenti necessari per rafforzare la competitività del nostro sistema produttivo. Infatti, le società petrolifere, che hanno sede legale fuori dalla Basilicata, non ne beneficerebbero, a differenza delle imprese lucane che non hanno nulla a che vedere col petrolio. Sarebbe pertanto un modo per premiare ed attrarre investitori, con creazione di occupazione qualificata e di sviluppo economico.