“Soprattutto credo che sia della massima importanza ripristinare le istituzioni governative in Libia, sostenere il governo dell’Iraq e fornire completa assistenza al legittimo governo della Siria”
Tagliente e mellifluo, demagogo ed equilibrato, il leader della Federazione Russa sembra inarrestabile. Vladimir Putin non ne sbaglia una. Risponde per le rime o lascia correre, fa e disfa alleanze, promuove incontri e propone accordi, e non solo nell’interesse dei propri connazionali. Strategicamente (quasi) ineccepibile, geopoliticamente un passo avanti a tutti, persino al suo più grande rivale, il presidente degli Usa, Barack Obama, lo “Zar” – cosi come viene chiamato, sebbene lui giuri di non soffermarsi troppo su questi dettagli – ha rubato la scena anche in occasione dell’ultima Assemblea delle Nazioni Unite, quella che, tanto per intenderci, due giorni fa, esattamente il 28 settembre, ha celebrato il 70° anniversario dell’Organizzazione nata poco dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Putin e la coalizione anti-Isis
Dopo aver messo alle porte turchi (leggasi Erdogan) e sauditi (leggasi Salman), ovvero coloro che nel complesso scacchiere mediorientale hanno assunto posizioni molto controverse rispetto ai rapporti con taluni gruppi estremisti, nel giro di pochi giorni è riuscito ad avviare il processo di formazione della coalizione anti Isis, mettendo dalla stessa parte, seppur a distanza, niente meno che il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, e il presidente palestinese, Abu Mazen.
Obama e le responsabilità occidentali
Confuso e ripetitivo, in ritardo e in difficoltà, il presidente Obama, ormai, è da mesi che sta mettendo in evidenza tutti i limiti, geopolitici e culturali, di un’amministrazione – la sua – che non solo non è riuscita a offrire soluzioni degne di rilevanza politica ma che si è finanche contraddistinta per la triste impresa di ingarbugliare ancora di più la situazione. Non solo i rapporti (positivi per Washington) con la Turchia e l’Arabia Saudita, ma anche la posizione rispetto al Presidente siriano, Assad, rappresenta uno dei nodi più difficili da sbrogliare, ai fini della formazione della coalizione, uno di quelli che, insieme alla questione dell’Ucraina e del Donbass, rischia di far rivivere un nuovo scenario di contrapposizione del mondo in blocchi. Il presidente americano si è detto pronto a proteggere il proprio Paese e i propri alleati, a tutelare la sovranità nazionale degli Stati in difficoltà e, pur condannando la Russia e confermando la correttezza delle sanzioni per la vicenda ucraina, ha confessato di essere contrario a un ritorno alla guerra fredda. Ha, quindi, aperto – anche se in ritardo, ma forse non poteva più fare diversamente a seguito delle mosse del numero uno di Mosca – al dialogo con Putin in vista di una coalizione internazionale contro il terrorismo sino all’ipotesi di azioni congiunte.
Putin: “Non possiamo più tollerare l’attuale situazione nel mondo”.
Uno dei temi più delicati e controversi dell’Assemblea è stato quello del terrorismo di matrice islamica e, quindi, della disastrosa situazione in cui versano il Medio Oriente, soprattutto Iraq e Siria, e il Nord Africa, stravolti dalla presenza di formazioni jihadiste che, lentamente ma progressivamente, stanno riunendosi attorno alla bandiera del cosiddetto Stato Islamico. Tralasciando la complessa disamina offerta dal leader del Cremlino – che ha spaziato dalla necessità di superare le differenze interne all’ONU al rispetto della sovranità nazionale degli Stati, dai “tentativi di minare la legittimità di altre nazioni” attraverso l’esportazione di rivoluzioni cosiddette democratiche alla genesi dell’Isis, inteso “come strumento per far leva contro regimi secolari indesiderati”, dall’indifferenza rispetto ai “canali di finanziamento e di sostegno ai terroristi (incluse le pratiche di traffico di droga, petrolio e armi)” ai tentativi di “manipolare gruppi di estremisti, provare ad assoldarli per raggiungere i propri obiettivi politici sperando di riuscire poi a gestirli” – il vero problema, adesso, è come affrontare un’entità – l’Isis – che “comincia ad espandersi attivamente in altre regioni” e “cerca la dominazione nel mondo Islamico e pianifica di andare ben più distante”.
Il futuro di Assad e il coinvolgimento dei Paesi musulmani
La divergenza più ampia tra Putin e Obama riguarda il destino del presidente siriano. Se il presidente americano vede per la Siria un futuro senza il “tiranno” Assad e ne è contrario al coinvolgimento, il suo omologo russo anche in occasione dell’Assemblea si è espresso a favore della collaborazione, nella consapevolezza che Assad sia il solo, assieme alle milizie curde, ad affrontare la minaccia dello Stato islamico. Putin ha anche sottolineato la necessità di unire le forze, invitando all’adesione anche i Paesi musulmani, e ha proposto la formazione di una coalizione simile a quella che guidò la guerra contro Hitler, superando la divisione del mondo in blocchi contrapposti.
Il primo passo potrebbe essere la convocazione di un incontro “fra i ministri per analizzare in maniera globale le minacce in Medio Oriente” e discutere sulla possibilità di “convergere su di una risoluzione che consenta di coordinare le azioni di tutte le forze che contrastano lo Stato Islamico e le altre organizzazioni terroristiche”. L’intero processo, coordinamento compreso, dovrà essere “informato ai principi della Carta delle Nazioni Unite”, anche sotto il duplice profilo dell’assistenza a stati sovrani e della gestione dei flussi migratori che stanno “congestionando” l’Europa, per i quali, tra l’altro, si renderà necessario “ripristinare l’autorità statale dove è stata distrutta”.
Il rispetto della Carta delle Nazioni Unite
Su un punto, tuttavia, Putin sembra irremovibile. E questo sembra un messaggio diretto non solo ai suoi detrattori ma soprattutto ad altri leader politici: “Tutto quanto, al contrario, contravverrà la Carta delle Nazioni Unite, sarà respinto”. Messaggio diretto a coloro che, secondo Putin, sono favorevoli all’esistenza di un “singolo centro di dominazione mondiale”, “coloro che – ha tuonato – si trovarono ai vertici della piramide” e “furono tentati di pensare che, se erano così forti ed eccezionali, ne sapevano di più, e non dovevano più confrontarsi con le Nazioni Unite”.