Dopo un periodo di sostanziale declino il numero di aborti oggi nel mondo è stabile ma la metà non sono sicuri. Sarebbero state circa 44 milioni le interruzioni di gravidanza nel mondo nel 2014, una ogni tre in Europa. Ma nella parte orientale della regione si registrano le percentuali più basse al mondo, del 12%. Di questi aborti sono circa 22 milioni (circa il 49%) gli aborti fatti in condizioni di poca sicurezza e che mettono a rischio le donne, quasi tutti nei paesi a basso e medio reddito. Quelle più in pericolo, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), sono le adolescenti, le donne povere, non sposate e poco istruite, e quelle che vivono in contesti rurali. Anche se esistono interventi di assistenza sanitaria primaria sicuri, semplici ed efficaci, molte donne non vi hanno accesso, principalmente per la mancanza di operatori formati. A tal fine l’Oms ha pubblicato nuove linee guida per gli operatori sanitari su come assicurare un’assistenza sicura per l’aborto e sulla contraccezione post-aborto, per ridurre le barriere che limitano l’accesso a cure sicure. Nel documento si evidenzia come questo tipo di interventi e assistenza non debbano essere fatti solo dai medici specialisti, ma anche da infermieri, ostetriche, ausiliari e medici generici, in modo da usare in modo più razionale le risorse e la forza lavoro disponibile. Ecco perché, commenta Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” c’è bisogno di invertire la rotta. Bisogna promuovere e implementare politiche per ridurre il numero di aborti e questo deve diventare una priorità urgente per tutte le nazioni e per le organizzazioni sanitarie globali.
c.s. – Giovanni D’Agata – Sportello dei Diritti