La vicenda italo-francese finalmente sta mettendo in evidenza l’ipocrisia europea in tema di immigrazione, la facilità con la quale si è sempre pronti a scaricare le responsabilità sulle spalle dell’Italia e la pochezza delle accuse di razzismo che, molto impudentemente, fino a due anni fa venivano mosse nei confronti del nostro Paese. È un continuo scaricabarili e la recentissima “crisi” di Ventimiglia è una fedele rappresentazione di questa sottile ma pericolosa ipocrisia, quella che – tanto per intenderci – induce sempre a condannare il razzista di turno e a manifestare un’opportunistica solidarietà di circostanza, ma, al contempo, a non assumersi mai responsabilità concrete. Credo si possano ascrivere proprio a questo modus operandi le varie manifestazioni di condanna del razzismo che sovente si hanno magari a seguito di episodi condannabili che riguardano lo sport.
La Francia, soprattutto, sta mostrando il suo vero volto e, forse, spaventata dalle proteste popolari e dall’avanzata della destra sociale di Marine Le Pen, assume un atteggiamento che, se lo avesse assunto l’Italia qualche anno, sarebbe stato più che sufficiente a condannare il nostro Paese senza possibilità di appello. Ma, col tempo, e soprattutto quando c’è di mezzo il proprio fondoschiena, tutto cambia. In quest’ottica bene ha fatto il Ministro dell’Interno, Angelino Alfano, a chiarire che “la scena di Ventimiglia è un pugno in faccia all’Europa ed è la prova che i migranti non vengono in Italia per stare in Italia, ma per andare in Europa”. Questo è quanto si legge sul sito del Tgcom24 che riporta ancora: “E’ esattamente dalle immagini di Ventimiglia che tutti devono trarre insegnamento. Credo che quella scena sia davvero un pugno negli occhi di chi non vuol vedere”.
E, cosi, arriva la puntualizzazione francese, una di quelle che farebbe sobbalzare la contraddittoria sinistra italiana. Secondo l’omologo francese di Alfano, infatti, Parigi sarebbe anche pronta ad accettare la ripartizione per quote dei migranti, a patto che si riesca a distinguere tra rifugiati e migranti economici, magari istituendo, ovviamente nel nostro Paese, dei campi per profughi al fine di esaminare le richieste (i cosiddetti hotspot): i primi essere accolti, i secondi invece vanno rimpatriati. E questo compito ovviamente spetterebbe all’Europa che, per gli addetti e i non addetti ai lavori, in poche parole significa Italia. Un compito che, sebbene non accettato dalla stragrande maggioranza degli italiani che giustamente vorrebbero una maggiore assunzione di responsabilità e partecipazione da parte degli altri partner europei, non sembra impensierire il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, che ha parlato di accoglienza difficile ma necessaria.
Di tutto questo, in sintesi, si è discusso al vertice europeo (ristretto) sull’immigrazione, che, secondo il leader di Ncd, lascia bene sperare, soprattutto su tre fronti: il regolamento di Dublino, il meccanismo di riallocazione dei profughi e il sistema del rimpatrio che deve essere europeo. La Francia, tuttavia, pur ammettendo la complessità della situazione, ha negato che ci sia uno scontro con l’Italia, quanto piuttosto la volontà di lavorare assieme. Forse – ma c’è da non fidarsi troppo, visto i precedenti – proprio in quest’ottica potrebbe essere vista la recente proposta comune di Francia e Germania che avrebbe come obiettivo quello di aprire una strada che conduca a un compromesso. Un compromesso che, però, parte sempre dallo stesso punto: ovvero spetterebbe all’Italia l’ingrato compito delle registrazioni e dei respingimenti, rispettivamente, di chi ha e non ha diritto a richiedere l’asilo politico.