Il Consiglio Regionale del governo precedente, guidato dal Presidente Talarico, ha modificato la legge elettorale e legiferato su materie non ritenute “urgenti” o “indifferibili”. Questa la premessa dalla quale scaturisce la motivazione che le elezioni regionali calabresi dovevano considerarsi “non valide”. Con questo riferimento non si voleva alludere alle stranezze ravvisate nelle urne di alcuni piccoli centri del cosentino, bensì esclusivamente alla questione relativa alla legge elettorale. Pare che i calabresi abbiano votato con una legge elettorale emanata da un consiglio regionale in “regime di prorogatio” (questo termine si riferisce all’istituto per il quale i titolari degli organi possono continuare ad esercitare le loro funzioni nonostante sia scaduto il mandato, in attesa della nomina o dell’elezione dei successori). Qualche giorno fa la Corte Costituzionale, come si legge anche su qualche altro quotidiano on line, ha stabilito che sono non valide, perché in violazione dell’art. 123, le leggi approvate eccedendo i limiti dell'”ordinaria amministrazione” o dalla categoria degli “atti urgenti dovuti”. In relazione ai consigli regionali, l’istituto della de, pare riguardi solo l’esercizio dei poteri nell’intervallo fra la scadenza del mandato e l’entrata in carica del nuovo organo eletto. I Consigli Regionali possono disporre quindi di poteri direttamente rapportabili con la loro situazione di organi in scadenza. Devono perciò, in quanto tali, limitarsi all’esclusivo esercizio di atti necessari e urgenti, dovuti o costituzionalmente indifferibili. Tale astensione è necessaria anche per garantire la trasparenza della competizione elettorale, evitando così di mandare inconsapevolmente messaggi “strani” all’elettorato. La sentenza emessa per la Regione Abruzzo segna un precedente che può essere applicato anche per la Regione Calabria in cui le elezioni si sono svolte sotto l’analoga pre-gestazione del Consiglio Regionale.