Anoldo FIL Sanità, la Regione Calabria faccia chiarezza sui precari della Sanità

La Regione Calabria conta circa 1000 precari di cui la metà aventi i requisiti per la stabilizzazione. Il DPCM ha consentito la proroga di tutti i contratti fino a dicembre 2018, ma fino al dicembre 2016 per coloro i quali posseggono i requisiti del DPCM

sanitàIl 23 Aprile 2015 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il DPCM che consente la stabilizzazione dei precari del servizio sanitario nazionale. Il testo dà attuazione al dl. 101/2013 convertito dalla L. 125/2013 che nell’ottica di perseguire gli obiettivi di razionalizzazione della spesa pubblica, prevede la possibilità di indire procedure concorsuali riservate al personale precario del servizio sanitario. Il decreto stabilisce che i concorsi per le assunzioni a tempo indeterminato dei precari dovranno essere espletati entro il 31 dicembre 2018 nel limite massimo del 50% delle risorse finanziarie disponibili per assunzioni a tempo indeterminato. Ai concorsi potranno partecipare i precari che alla data del 30 ottobre 2013 abbiano maturato negli ultimi cinque anni, almeno tre anni di servizio, anche non continuativo, con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, anche presso Enti del medesimo ambito regionale diversi da quello che indice la procedura. La sanità italiana si regge da tempo grazie al lavoro di personale precario che hanno ormai messo nel cassetto il sogno di un contratto a tempo indeterminato, il DPCM sembra però essere la tanto agognata cura per il male quasi incurabile di coloro che da anni sono affetti dalla precarietà lavorativa. Ma le terapie si sa non sono prive di effetti collaterali…Nell’attesa che vengano banditi ed espletati i concorsi è necessario garantire i LEA e prorogare quindi i contratti a tempo determinato. Attualmente i LEA vengono garantiti anche dai precari di serie B generati da questo decreto, ossia quel personale che non hanno raggiunto i requisiti per la stabilizzazione. Quale sarà il destino di questi precari “sfortunati?” La Corte di Giustizia europea con una sentenza del 26/11/2014, ha dichiarato contraria al diritto dell’Unione Europea la normativa italiana sui contratti di lavoro a tempo determinato nella parte in cui prevede la reiterazione, da parte della Pubblica amministrazione dei contratti a termine oltre i 36 mesi(art. 10, comma 4bis, del Decreto Legislativo n. 368/2001) per cui le pubbliche amministrazioni per non incorrere in sanzioni devono limitare i contratti a termine. Le aziende sanitarie si stanno comportando in maniera molto difforme tra loro per quanto attiene le proroghe dei contratti a termine, in particolare sembra quasi che le aziende sanitarie di Regioni in piano di rientro utilizzino il DPCM e la sentenza della Corte europea come strumento per non prorogare i contratti di coloro i quali non sono in possesso dei requisiti ma che fino ad ora sono stati utilizzati per garantire i LEA e soddisfare l’offerta sanitaria dei cittadini.

Il comportamento difforme delle Regioni

La Regione Abruzzo ha già licenziato buona parte dei colleghi precari ed è previsto il blocco delle proroghe dei contratti a partire dal prossimo Giugno. La Regione Campania invece, tramite un accordo intersindacale, ha ottenuto la possibilità di prorogare, anche ai precari non in possesso dei requisiti, i contratti in essere.La limitazione del precariato non avviene di certo mandando a casa i precari o facendo svolgere attività in reparto, come paventato da alcune aziende sanitarie.In un sistema sanitario nazionale in cui l’età media del personale va a superare la soglia dei cinquant’anni è necessario non perseguire obiettivi puramente ragionieristici col pretesto del risparmio indotto in molte regioni dalla riduzione del disavanzo economico imposto dai piani di rientro. Questa confusione protrebbe dare un’unico risultato: quello di un sostanziale impoverimento del servizio, a danno dei cittadini., con risparmi di spesa solo a breve termine.

Il Responsabile Provinciale FIL-Sanità, Francesco Anoldo

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