Martedì 5 maggio l’intero fronte sindacale, dopo sette anni, si ricompatta per manifestare contro la riforma renziana sulla ‘buona scuola’ e chiama a raccolta il distratto mondo della scuola su una serie di nodi critici . ’Buona scuola’,ma perché quella in atto è una cattiva scuola? E se è cattiva si pensa veramente che un po’ di musica, diritto, lingua inglese, economia e discipline motorie, con in più il cosiddetto organico dell’autonomia, l’appello al 5 per mille, il preside manager e qualche ora di scuola lavoro possano costituire une vera rivoluzione riformatrice? No di certo. Cosa manca, dunque, secondo noi, nella proposta di riforma che di buono ha proprio poca cosa? Il progetto renziano non ha un’anima. Non risponde ad una domanda di fondo : quale scuola per quale società? Dalla riforma Gentile(1923) in poi, i vari Governi non hanno mai dato una risposta pertinente a questo quesito. Si’ hanno proceduto con riforme a macchie di leopardo, pannicelli caldi e provvedimenti ad hoc, sperimentazioni selvagge. Ma mai una piano organico su cui creare una architettura di scuola che avesse una idea di base ed una impostazione coerente con questa. La scuola è rimasta un cantiere aperto in tutti questi anni ed ogni ministro ha fatto o disfatto. Una scuola che procede ancora a tentoni, astratta da un contesto storico- sociale. Che si aspetta da essa una indicazione di senso che ne possa favorire una crescita in parallelo. Allora, necessita che Governo e Parlamento mettano mano ad una seria riforma che vada dalla materna all’università, con un ordito organico che comprenda il riassetto delle discipline, la revisione dei contenuti, l’aggiornamento della didattica, la rivisitazione dell’insegnamento universitario in funzione della formazione dei docenti e dei presidi, la reimpostazione dei consigli di istituto in grado di interfacciarsi con il modello amministrativo dell’autonomia. Inoltre, occorre una mirata rideterminazione della funzione docente e dirigente prevedendo la premiazione del merito e la valutazione esterna, aperta anche a genitori e studenti, realizzata con uguali parametri per tutto il territorio nazionale. Certo, dentro ci devono stare : una legge quadro nazionale per il diritto allo studio, evitando le disparità territoriali in cui ci hanno fatto precipitare le stesse leggi regionali, la riqualificazione dell’edilizia scolastica, l’adeguamento dei salari dei dipendenti a quelli europei, le risorse per una seria formazione ed un costante aggiornamento del personale docente e adeguati finanziamenti. A quest’ultimo proposito ,invece, va rilevato che nel documento economico finanziario è previsto un progressivo calo della spesa pubblica per l’istruzione nei prossimi 15 anni. Mentre, nel frattempo, il Miur assegna alle scuole paritarie per il 2015 472 mln di euro. Il ddl ,poi, non affronta il settore dell’istruzione e formazione professionale che ormai riguarda più di 300mila giovani, che è parte integrante del complesso sistema educativo, per combattere efficacemente la dispersione scolastica e portare più giovani a una qualifica, ampliando le opportunità di lavoro giovanile. Insomma, manca nel progetto governativo una idea complessiva su istruzione, formazione e educazione nella scuola futura, è assente un progetto politico nel senso più alto del termine. La larghezza di vedute imporrebbe di ripensare il piano dei contenuti disciplinari, con l’indicazione di strategie e metodi per uscire dagli stereotipi formativi, avvicinando gli studenti alla ricchezza della cultura umanistica e scientifica. La buona scuola è quella che pensa seriamente alle competenze del secolo che stiamo vivendo, che risolve le questioni di fondo:nuovo spirito critico, nuovo concetto di cultura, sfida della modernità, competenze della vita reale futura.
E sulle due questioni più serie e rilevanti:
1)immissione in ruolo dei precari: questi insegnanti hanno tutte le ragioni del mondo. Nella quasi indifferenza generale sono stati usati e sfruttati per anni, a volte per decenni. Una vergogna nazionale che pesa su chi finora non ha fatto nulla per evitarlo.
2)scelta dei docenti da parte dei dirigenti scolastici:è una delle più grandi stupidaggini che si potessero proporre. Una cosa assolutamente insensata che non può che essere una rischiosa fonte di clientelismo politico-sindacale o familistico.
Infine, l’intero fronte sindacale calabrese deve porsi il problema della crescita della nostra scuola e confrontarsi nel più breve tempo possibile con la amministrazione regionale su temi divenuti ormai indifferibili, quali il diritto allo studio, il dimensionamento scolastico secondo ottiche razionali e funzionali alle peculiarità e ai reali bisogni del nostro territorio, la gestione intercomunale dei servizi scolastici, l’unificazione degli assessorati alla p.i. alla formazione professionale e al lavoro, l’orientamento scolastico e professionale, solo per citarne alcuni. Quale scuola per quale Calabria?E’ l’interrogativo che il mondo sindacale della scuola dovrà porre alla regione cui manca ancora l’assessore all’istruzione da cinque mesi.
Guido Leone
già Ispettore tecnico USR Calabria