Quel pugno chiuso il 25 Aprile a Reggio Calabria …

Si potrebbe cominciare con una lunga dissertazione sui crimini compiuti nel mondo sotto l’egida della proletaria falce e martello e indugiare sulle vicende che interessano il comunismo italiano citando le eroiche gesta “autorizzative” di invasioni stragiste poste in essere da un Togliatti ritenuto da se stesso il “migliore” tra i suoi.

 Si potrebbe procedere con l’elenco degli efferati crimini – ormai accertati, demolendo il muro di impenetrabilità edificato nel corso dei decenni -, perpetrati dai partigiani rossi durante la denegata guerra civile, che dilaniò il Paese tra il 1945 e fino al 1948, a liberazione bella che avvenuta. E per finire basterebbe sottolineare come la festa di liberazione è stata, con la solita abile strategia di convincimento delle masse, monopolizzata per decenni da una sola parte politica. La più ideologizzata. Ma qualcuno potrebbe obiettare che in Italia non esiste apologia del comunismo e dunque zitti tutti, non siamo in ucraina, dove chi ha vissuto sulla propria pelle gli orrori del percorso obbligato di quella utopia l’ha equiparata con legge dello Stato al nazismo. Altra possibilità è riposta nello sporcare l’immacolata opera partigiana con la sempre più avvalorata revisione storica dei fatti che hanno condotto l’Italia alla guerra civile. Ma anche qui si dovrebbe aprire dibattito troppo esteso.

 Quindi, per restare a casetta nostra e stigmatizzare il saluto a pugno chiuso dei consiglieri comunali, Presidente in testa, non serve scomodare Pol Pot, Stalin e nemmeno Palmiro nostro. È sufficiente limitarsi agli aspetti relativi alla deferenza ed alla discrezione, al rispetto per la funzione pubblica svolta, tutti valori etici ed in un certo senso deontologici di cui bisogna assolutamente riappropriarsi. Trattasi di persone che ricoprono ruoli istituzionali, cariche pubbliche alle quali sono giunte per mandato popolare. E quando ci si siede su scranni elettivi si rappresenta tutta la cittadinanza. Tutta. E la cittadinanza, anche quella parte che ha votato in direzione opposta, poiché rappresentata, va rispettata appieno. In particolare dal Presidente del Civico Consesso, il quale assume un incarico e riveste una funzione che si configura per sua stessa natura giuridica super partes, di garanzia ed imparzialità.

 La speranza di tutti va riposta nella auspicata non accidentalità dell’errore del medesimo nello scegliere il braccio destro, quasi a volere compensare la sua eccezione di parzialità. Sarebbe faceta aspettativa, ma certamente meglio che pensare ad una adesione del medesimo Presidente al trotskismo (i cui seguaci alzavano il braccio destro in contrapposizione ai leninisti). Se poi si volesse, si potrebbe ragionare sulla simbologia e sul significato del pugno chiuso ostentato dai medesimi rappresentanti del popolo reggino per chiedersi cosa c’entra la rivoluzione operaia con la liberazione (le dita chiuse rappresentano, come sapranno in molti, l’unione delle forze operaie, sempre divise in tempi di pace ma pronte ad unirsi in una sola forza contro i “padroni” all’occorrenza)?

Anzi e di più, a volere festeggiare la ricorrenza in maniera esauriente, va senza dubbio ricordato che il gesto si configura del tutto non esaustivo e irrispettoso di tutte quelle forze democratico cristiane (i c.d. partigiani bianchi) che parteciparono con molto più onore e onestà alla liberazione del Paese, non commettendo gli abusi e i feroci crimini dei partigiani comunisti, ossessionati dal loro progetto di rivoluzione, ed anzi da questi ultimi subendoli. Lo ricorda proprio in questi giorni un uomo a caso, il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella.

Avv. Ernesto Siclari

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