Speriamo che prima o poi lo faccia. Speriamo, cioè, che una buona volta il Presidente del Consiglio, sul fronte europeo, passi dalle parole ai fatti. Consapevoli, tuttavia, che non fa certamente bene vivere di illusioni, non si può fare altro che trattare con la dovuta oggettività le ripetitive prese di posizione fini a se stesse dell’ex Sindaco di Firenze. Dagli Usa, dove il Premier ha incontrato il Presidente Obama e ha parlato presso la prestigiosa università di Gergegtown, Matteo Renzi è tornato a tuonare contro le politiche di austerità, rispolverando gli stessi slogan più volte usati durante l’inconcludente semestre europeo. Se da un lato è giusto tenere conti in ordine, dall’altro è necessario scommettere sulla crescita: in questo, in breve, si è risolto il pensiero del Presidente del Consiglio. Ma è stato proprio durante quel semestre, occasione vitale per le esigenze del nostro Paese, che Renzi, dichiarazioni altisonanti a parte, avrebbe dovuto fare di tutto per battersi a favore di politiche di flessibilità che incentivassero concretamente domanda e investimenti. Invece tutto si è risolto in un nulla di fatto, per non parlare poi della tanto attesa difesa del “made in Italy”. Anche qui, infatti, si è miseramente fallito. Ma, forse, c’è un significato più profondo che sta alla base delle esternazioni d’oltreoceano del segretario del Pd. Non sarà che l’ormai “ex” rottamatore (alla fine non ha rottamato niente e nessuno), intende scrollarsi di dosso le responsabilità di dati e risultati economici fallimentari, scaricandole sulle politiche europee di rigore, cosi tentando di salvare non soltanto l’impalcatura delle riforme “dem” ma anche la sua faccia e quelle dei suoi compagni di viaggio? Non resta che sperare che nell’immeditato futuro – a partire già dalle prossime regionali – il popolo italiano decida nuovi colpi di scena tali da smuovere nuovamente la classe politica italiana. La rottamazione renziana di uomini, idee e strategie di marketing elettorale puzza già di vecchio.