“Italia made in Bangladesh”

impresa stranieraChe l’Italia sia diventata terra di conquista e di grandi possibilità per gli stranieri non è certamente una novità. L’attuale Governo, come del resto i suoi predecessori, dopo le dimissioni forzate di Silvio Berlusconi, hanno deciso che la strada maestra per favorire la ripresa del nostro Paese dovesse necessariamente passare dalla (s)vendita al “peggior” offerente di quello che resta del nostro tessuto economico, con l’obiettivo di fare cassa facile e veloce, dall’invasione del nostro tessuto sociale con prodotti esteri, molto spesso dalla dubbia produzione e non recanti il marchio Cee, che finiscono col sostituire quasi interamente i prodotti nazionali, nonché dal facilitare l’avvio e il mantenimento di imprese straniere, grazi ai controlli scarsi e alla capacità quasi maniacale di mettere in difficoltà gli imprenditori italiani.

made in bangladeshUnioncamere proprio oggi ha fornito gli ennesimi dati economici che danno l’immagine concreta di quanto sin qui detto. Ciò che viene fuori è un’Italia che guarda all’Africa all’estremo oriente o, se non vogliamo essere politicamente corretti, un “Italia made in China” o “Italia made in Bangladesh” . Il rapporto tra iscrizioni (48.244) e cessazioni (25.174) di imprese straniere individuali consegna un saldo positivo per 23.070 unità, a differenza di quello che, invece, riguarda le imprese italiane, rispetto alle quali, a fronte di 178.109 iscrizioni vi sono state 213.587, con un saldo negativo di 35.478. Secondo quanto emerso, l’imprenditoria straniera è presente un po’ in tutti i settori, da quello manifatturiero gestito in massima parte dai cinesi, a quello della ristorazione in mano egiziana, passando per il commercio, che vede imporsi i marocchini, e per quello che riguarda le agenzie di viaggio e i servizi alle imprese che segnalano una forte presenza, tra l’altro in crescita, dei cittadini del Bangladesh.

frettaTutto questo, mentre il Governo regala al popolo italiano l’ennesimo proclama che, a bene vedere, sembra essere a tutti gli effetti l’ennesima illusione. Fallita la promessa di ridurre le tasse nel 2015, nonostante il Premier continui a dire che verrà realizzata (ma siamo già quasi a metà anno), e prevedendo una crescita del Pil pari allo 0,7% per quest’anno (sperando che non venga nuovamente smentita), fino ad arrivare all’1,5% nel 2017, è (questa volta soltanto) previsto un taglio delle tasse nel 2016 se le condizioni lo consentiranno. Insomma, per farla breve, il segretario del Pd, smentendo quello che gli italiani stanno provando quotidianamente sulla loro pelle, ha dichiarato che “è finito il tempo in cui politici chiedevano sacrifici ai cittadini, da questo governo non vengono richieste nuove tasse”. Ma c’è ancora qualcuno che ci crede?

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About the Author: Luigi Iacopino