Crisi, riforme, ripresa e “numeri imbroglioni”

berlusconiPer il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta, la crisi di democrazia che sta affossando il nostro Paese è diventata questione di primaria importanza. L’ex Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione dell’ultimo Governo Berlusconi ne ha fatto un cavallo di battaglia si dal 2011, quando, cioè, l’Esecutivo dell’epoca, guidato dal presidente di Forza Italia, fu costretto a dimettersi a causa di quello che viene ripetutamente considerato come un vero e proprio golpe finanziario. E, molto probabilmente, di questo si è trattato. Silvio Berlusconi, sulla cui politica è ovviamente lecito anche dissentire, fu forzatamente messo nella condizione di sottostare ai diktat della troika, attraverso il ricorso a mezzi finanziari che, in realtà, non hanno avuto, non hanno neppure oggi e ovviamente non avranno nemmeno in futuro, alcuna influenza sull’andamento della nostra economica e sulla stabilità sociale italiana. Il Cavaliere non ha accettato, ma la propaganda ha fatto il suo corso, con l’appoggio di certa stampa italiana, oggi benevola nei confronti delle riforme liberali e liberiste dell’attuale governo di sinistra targato Pd (quando a proporle erano alcuni settori del centrodestra, invece non andavano bene).

renzi-300x168L’epilogo lo conosciamo tutti: una crisi che non accenna a diminuire, lievi dati positivi, frutto di piccole manovre momentanee, poi subito smentiti da nuove indagini che riportano bruscamente i piedi per terra. Per non tacere poi di quelle misure, come il bonus di 80 euro, che stiamo pagando a caro prezzo. Chiedere, per informazioni, ai coltivatori e agli allevatori sul cui capo graverà, per gentile concessione dell’attuale esecutivo, anche l’Imu agricola, giusto per favorire il rilancio della produzione e, dunque, dell’economia. Ma la sensazione che la strada intrapresa sia quella sbagliata adesso si sta diffondendo sempre di più. Neppure i proclami, la propaganda, nonché le misure dell’attuale esecutivo – quello del segretario del Pd, tanto per intenderci – sembrano sortire gli effetti sperati. Oggi, infatti, l’ennesima mannaia si è abbattuta sulle previsioni del Governo dell’ottimista Renzi. Se nella ultime settimane gli esponenti dell’esecutivo e della variegata maggioranza che lo sorregge hanno fatto a gare per rivendicare i meriti dei dati positivi diffusi sulla (presunta) fine della crisi e sulla (altrettanto presunta) crescita, l’Istat ci ha riportato, subito e bruscamente, tutti con i piedi per terra. Negli ultimi giorni, infatti, era tutto un rincorrersi di voci e posizioni in merito all’impennata delle assunzioni, favorita, secondo i profeti della rivoluzione “dem”, dalla riforma del lavoro, dalla manovra economica e dalla riduzione della pressione fiscale.disoccupazioneISTATcrisi

Evidentemente qualcosa non è andato nel verso in cui sarebbe dovuto andare, ed ecco che l’istituto Nazionale di Statistica ci informa che a febbraio, dopo il calo di dicembre, la disoccupazione torna a salire, toccando quota 12,7%. Ci siamo già occupati di mettere in evidenza l’ennesima – ma, ormai, non fa quasi più sorpresa – contraddizione “democratica”, che si aggiunge a quella diffusa non più tardi di qualche giorno fa e che riguarda gli ordinativi delle industrie in calo, i 14 trimestri di recessione consecutivi e la domanda ferma.

Ma torniamo all’Onorevole Brunetta, perché il capogruppo di Forza Italia alla Camera, attraverso un post su facebook di ieri, ha voluto fornire ulteriori informazioni e spiegazioni su quelli che ha definito i “numeri imbroglioni di Renzi e Poletti”, riguardanti lo sbandieramento dei 79.000 nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato.

Il punto di Brunetta: LAVORO. VI SPIEGO I NUMERI IMBROGLIONI DI RENZI E POLETTI

Brunetta a Renzi, Italicum entro Pasqua o salta patto“Come si sa, con le bugie non si va lontano. E sui 79.000 nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato sbandierati da Renzi e Poletti ormai l’imbroglio è stato svelato. Ci mette il timbro anche l’Ufficio parlamentare di bilancio.

Diversi i punti critici:

1) Innanzitutto, e non è la prima volta, il governo fa confusione nel diffondere i dati (pubblica solo quelli sull’attivazione di nuovi contratti e non quelli sulle cessazioni) e il furbo nel fare i confronti (dovrebbero essere anno su anno, ma Renzi e Poletti utilizzano l’orizzonte temporale di volta in volta più utile al loro scopo).

2) Le nuove assunzioni sono frutto delle decontribuzioni (che, tra l’altro, erano nel programma elettorale del Pdl a febbraio 2013) e non certo del contratto a tutele crescenti del Jobs act, che è entrato in vigore il 7 marzo 2015, mentre i dati si riferiscono a gennaio e febbraio.

3) Come ha sottolineato l’Ufficio parlamentare di bilancio, il numero complessivo delle nuove assunzioni a fine febbraio 2015 differisce di molto poco rispetto al corrispondente dato di febbraio 2014: i 79.000 contratti in più di Renzi e Poletti non sono altro che conseguenza del fatto che molte imprese hanno rinviato le assunzioni che avrebbero dovuto fare nel quarto trimestre 2014 all’inizio del nuovo anno, per usufruire della decontribuzione in vigore dal 2015 (effetto rinvio o ‘effetto attrazione’ che dir si voglia).

4) I 79.000 ‘posti fissi in più’ non sono nuova occupazione, bensì occupazione sostitutiva, in quanto si tratta, nella quasi totalità dei casi, di riconversioni di vecchi contratti.

5) Ultimo, ma non ultimo: per la decontribuzione delle nuove assunzioni il governo ha stanziato solo 1,9 miliardi, con un limite di 8.060 euro per ogni unità. Ma quando le risorse finiranno, cosa succederà?

Ricordiamo ancora una volta a Renzi le sue stesse parole, pronunciate a Londra il 1° aprile 2014: ‘Vedrete nei prossimi mesi come il cambiamento nel mercato del lavoro porterà l’Italia a tornare sotto il 10% nel tasso di disoccupazione’. È passato un anno e siamo ancora ben lontani da questo mirabolante obiettivo. Basta prendere in giro gli italiani”.

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About the Author: Luigi Iacopino