“Non c’è dubbio che il diritto penale ha una base prettamente politica. Tra politica e diritto ci sono delle innegabili interferenze”. Lo afferma il senatore Nico D’ Ascola, nel corso della tavola rotonda “A che cosa serve il processo penale”, nell’ambito del XX Congresso Nazionale di Magistratura Democratica, svoltosi a Reggio Calabria. “E’ difficile dare una risposta esauriente, possiamo dire che il processo penale in una Stato laico serve ad accertare un fatto. C’è un rischio di strumentalizzazione, perché il processo penale rischia di essere sostituito dal giudizio sociale. Abbiamo un’invasione di un diritto penale quantitativamente eccessivo sul processo penale. Nessuna forma di processo penale avrebbe potuto reggere a questo diritto penale in termini quantitativi”. Nel corso dell’incontro è emerso il riferimento ai tempi ragionevoli del processo penale: “Se dovessimo immaginare un diritto penale senza prescrizione – ha dichiarato D’Ascola – ci dovremmo chiedere cosa garantirebbe tempi ragionevoli. A questo dobbiamo aggiungere, una riflessione su un fenomeno certo che si è affermato nella nostra società, ossia la continua richiesta di interventi legislativi. Dire che la legge sia sempre capace di modificare la realtà non corrisponde al vero. Oggi, c’è un’ impossibilità di gestire il processo penale per una serie di ragioni. La depenalizzazione, l’irrilevanza legale sono tutti fattori con cui non si può pensare di svolgere un ruolo di deflazione. Si deve potenziare la magistratura, senza guardare a piccole soluzioni, come eliminare l’ udienza preliminare. E’ necessario potenziare la prevenzione, come un secondo livello giudizio del diritto penale, in grado di intervenire in maniera tempestiva. Bisogna scaricare su diritti punitivi diversi, quelle forme meno gravi che vengono comprese nel diritto penale, come il diritto amministrativo punitivo o il diritto di polizia” .
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