La Suprema Corte ha deciso che chi sottrae il cellulare al legittimo proprietario, per spiarne gli sms, commette una rapina. E così la Cassazione ha condannando a due anni e due mesi un 24enne che aveva rubato il cellulare della ex. Questo perchè, sottraendo il cellulare al suo proprietario per leggerne i messaggi, si viola “il diritto alla riservatezza” e si incide “sul bene primario dell’autodeterminazione della persona nella sfera delle relazioni umane”. In questo caso specifico, “la pretesa” del giovane, di “‘perquisire’ il telefono della ex fidanzata per cercare messaggi, dal suo punto di vista compromettenti, assume i caratteri dell’ingiustizia manifesta, proprio perché, violando il diritto alla riservatezza, tende a comprimere la libertà di autodeterminazione della donna”. La Cassazione, inoltre ricorda che “l’instaurazione di una relazione sentimentale fra due persone appartiene alla sfera della libertà e rientra nel diritto inviolabile all’autodeterminazione fondato sull’articolo 2 della Costituzione, dal momento che non può darsi una piena ed effettiva garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo (e della donna) senza che sia rispettata la sua libertà di autodeterminazione”. Per la Suprema Corte, “la libertà di autodeterminazione nella sfera sessuale comporta la libertà di intraprendere relazioni sentimentali e di porvi termine” e nessuno può avanzare “la pretesa” di “perquisire” i cellulari degli altri, soprattutto delle ex e degli ex, per cercare le prove di nuove o preesistenti relazioni. Il giovane aveva cercato di difendersi asserendo che la sua azione non era stata “ingiusta” perché voleva solo “dimostrare al padre della sua ex fidanzata, attraverso i messaggini telefonici, i tradimenti perpetrati dalla figlia”. Questo chiarimento non ha impedito la condanna per rapina nonostante nella fase cautelare il Tribunale del riesame “aveva escluso il reato di rapina reputando insussistente il requisito dell’ingiustizia del profitto.