Si potrebbe dedicare un intero studio su come determinate prese di posizione, sebbene fortemente rafforzate dalla volontà democratica, e nonostante siano del tutto conformi al sentire della maggioranza della comunità nazionale, siano sufficienti ad attivare l’onnipresente macchina del fango, riformulando i termini specifici della questione, attraverso un certo uso accorto e distorto delle parole. Le realtà locali non fanno eccezione e rientrano a pieno titolo nella triste rassegna dell’opportunistica indignazione dell’ingannevole minoranza, che deve essere, sì, tutelata, ma che non può pretendere di imporsi aggressivamente sulla maggioranza, tentando di ribaltarla attraverso pressioni esterne. Nulla di nuovo sotto al sole, in ogni caso.
È breve, quindi, il passo da compiere perché una città – come Reggio Calabria, ma potrebbe capitare, e capita, ovunque – finisca per essere considerata retrograda e medievale, primitiva ed omofoba (pur in assenza di omofobia). Già, perché la cultura dell’inganno e dell’illusione suggerisce che dichiararsi favorevole a qualcosa (la famiglia naturale e la sua promozione, per quel che ci interessa) e contrari ad altro (unioni civili e introduzione “silenziosa” della teoria mondialista gender nelle scuole) è sufficiente alla presunta nascita di una “fobia” o al ritorno inglorioso al medioevo. Ma questo atteggiamento è soltanto funzionale alla dittatura dell’illusione. O, forse, è un modo un po’ troppo sbrigativo per liquidare superficialmente una questione molto più ampia e dai risvolti molto controversi e, fino a qualche mese fa, a molti sconosciuti.
La mozione presentata e discussa in Consiglio comunale da Massimo Ripepi e denominata “Iniziative per la tutela della famiglia naturale”, ha ottenuto l’unanimità di consensi e ha sancito un impegno chiaro da parte dell’amministrazione cittadina, che il giorno seguente è stata sottoposta ad attacchi ed invettive esterne, oltre che interne, evidentemente tese a ribaltare la democratica pronuncia dei consiglieri reggini. V’è, anche, chi ha sostenuto che quanto verificatosi altro non sarebbe che una mera ricompensa, uscita fuori dal cilindro della politica degli inciuci, elargita per (contro)bilanciare altre concessioni. Beh, se pensiamo, in primo luogo, che i grandi e piccoli cambiamenti di cui si discute con tanta enfasi, stanno maturando all’interno di un quadro politico nazionale che definire ambiguo è un eufemismo, e, in secondo luogo, che l’attuale esecutivo a guida dem non è legittimato dal consenso popolare e che la maggioranza che lo sorregge registra mutamenti che mal si addicono (oppure si?) alle cosiddette “primavere democratiche”, il quadro che ne viene fuori è ben più che poco confortante. Per non parlare poi delle logiche mondialiste che sottendono a certi meccanismi sociali, controversi e probabilmente post-umani, che guardano con odio alle identità, sia individuali che comunitarie. Insomma, continuano i tentativi volti a snaturare l’uomo per creare un contenitore vuoto, funzionale esclusivamente alla società capitalistica del consumo sfrenato, del godimento illimitato e della cieca attuazione dei desideri a qualunque costo.
Mosso dall’intento di fare chiarezza, non soltanto sul perché quella mozione si stata presentata, ma anche sui contenuti, delicati ma chiari, il centrodestra reggino, ieri mattina, si è riunito proprio a Palazzo San Giorgio. Oltre a Lucio Dattola, il candidato alla carica di sindaco alle ultime elezioni comunali, che ha introdotto e diretto la conferenza, erano presenti Massimo Ripepi e Demetrio Marino di Forza Italia, Antonino Maiolino, Antonino Matalone e Giuseppe D’Ascoli di Reggio futura e Pasquale Imbalzano del Nuovo centrodestra. A turno hanno preso la parola, esponendo la posizione della minoranza del consiglio comunale, e hanno risposto anche alle domande dei presenti che, specificatamente, insistevano sui dubbi inerenti il futuro comportamento che il sindaco e i “suoi” manterranno a seguito delle invettive di cui sopra e sulla questione inciucio. Tutti hanno chiaramente parlato del ruolo e della funzione etico-sociale della famiglia naturale, intesa, riprendendo l’intervento di Pasquale Imbalzano, “come nucleo originario di vita, comunità di affetti e solidarietà all’interno del quale si nasce e si cresce e si sviluppano e maturano i propri convincimenti”.
Lucio Dattola ha categoricamente rigettato la teoria dell’inciucio, dicendosi convinto non soltanto che la maggioranza era assolutamente convinta di ciò che è stato fatto, ma anche che quanto verificatosi non è stata una “presa di posizione assolutamente ideologica, ma una presa d’atto di una realtà che per noi è normale, è naturale da tremila anni”. Il contenuto della mozione era conosciuto a tutti, sindaco compreso, e la votazione espressa è stata frutto di una scelta consapevole, evidentemente in linea con i principi espressi dal documento. E a difendere l’operato di Falcomatà ci ha pensato anche Demetrio Marino che, riprendendo la posizione di Dolce e Gabbana, secondo i quali “la famiglia deve nascere in maniera naturale”, ha chiarito che il comune si aggrega su temi importanti e che è stato valutato attentamente ciò che è stato fatto in altri comuni o altre regioni, come il consiglio regionale del Veneto. A ben vedere, è proprio sulla scia di questa visione realistica che si struttura la “difesa” della maggioranza da parte dell’opposizione. Una difesa non aprioristica e ingessata dalla logica opportunistica dell’inciucio trasversale, ma delineata dalla condivisione di un percorso culturale e valoriale, rispetto al quale si è subito attivata la macchina – quella, si, opportunistica – “dell’oscurantismo ideologico” e dei “pregiudizi”. “Noi li difendiamo perché siamo convinti che loro hanno votato in maniera consapevole”.
Gli ha fatto eco lo stesso Massimo Ripepi, secondo il quale “loro hanno votato con coscienza, secondo coscienza, non è vero che non hanno capito quello che c’era scritto, poi, il giorno dopo, il fuoco ideologico-partitico li ha colpiti”. La vera scommessa, a questo punto, consisterebbe nel “vedere nel tempo se prevale in loro l’etica, la morale, i valori, rispetto agli interessi ideologici di partito e rispetto a una morale che vive dentro di loro e che li ha fatti votare”. Ma non è soltanto su questo seppur decisivo aspetto che si è concentrata l’analisi dell’esponente di Forza Italia, che ha voluto sostenere la portata del documento di cui si è fatto promotore. “Il valore politico della mozione – è stato chiarito durante la conferenza – si è visto rispetto alle reazioni, il valore politico è che Reggio Calabria, nei suoi 32 rappresentanti, dice che la famiglia naturale è quella formata tra uomo e donna, nel suo atto più importante, la delibera di consiglio”. “Noi vogliamo sapere tra poco, mentre ragioniamo sulle unioni civili, quand’è la festa della famiglia naturale”. L’accento è posto sulle distinzioni, sul valore etico-sociale della famiglia naturale – formata da uomo, donna e bambini – che oggi subirebbe un tentativo di distruzione, e sull’educazione dei bambini stessi. Nella discussione che si aprirà in futuro sulle unioni civili – puntualizza – non ci sarà chiusura rispetto al riconoscimento dei diritti alle coppie di fatto, e quindi dei diritti alla persona, ma al contempo si vigilerà rispetto alla deriva etico-morale che sta già distruggendo i principi fondanti del Cristianesimo e della naturalità. Sulla base di ciò, Reggio non si può definire città omofoba.
Sul finire della conferenza, infine, Lucio Dattola si è dedicato qualche minuto per chiarire un tasto dolente, in merito al quale, se Repubblica, qualche giorno fa, ha titolato “La democrazia deve chiedere l’esilio di Dio”, da Reggio Calabria può invece partire un messaggio diverso che riguarda proprio le “valutazioni cristiano cattoliche”. Soprattutto quando ad esprimersi è il Santo Padre, conclude Lucio Dattola, “qualunque cristiano su certi valori – qualcuno li definisce non negoziabili, io li considero irrinunciabili, perché negoziabile dà l’idea del commercio – non si può transigere, su certi argomenti il messaggio è quello”. Si può essere d’accordo o meno, ma “questo tipo di religione fai da te, non è più una religione che è ammissibile”. Dattola ha, quindi, intelligentemente criticato la “doppia morale”, rispetto alla quale il consiglio comunale ha fatto una cosa importante e ha dato un messaggio univoco su certi argomenti, sebbene le eventuali rettifiche del giorno dopo rispondono a varie logiche, valutazioni, distinguo e pressioni.