Decidere di intervenire (da cittadina in primis e solo in seconda battuta da ex rappresentante istituzionale) in merito a ciò cui quotidianamente si assiste nasce soltanto dalla necessità di riflettere sulle attuali condizioni dei nostri territori in una fase economica drammatica. La riflessione, inoltre, viene ancor più spontanea nel momento in cui, al di là dei ruoli e degli incarichi, si è ancora improntati all’ascolto ed alle esigenze delle varie categorie produttive e sociali reggine e calabresi, che, insieme alla cittadinanza in generale, pagano lo scotto più alto di quello che potrei, in sintesi, definire distacco dai problemi reali. Non è certo mio intento aprire fronti di polemiche con qualsivoglia esponente politico che occupi incarichi importanti nei diversi palazzi, bensì mi preme insistere su un’assunzione di responsabilità corale che parta dagli spazi politico – istituzionali e si irradi però a quegli Enti che, per differenti motivi, incidono con il loro operato sul contesto socio economico della nostra realtà. Le varie rassicurazioni che giungono da più parti probabilmente non vengono manifestate a seguito di un confronto con chi vive determinate situazioni, altrimenti ci si renderebbe conto di quanto la parola tranquillità resti solo un termine aleatorio al quale non può corrispondere un analogo sentimento da parte dei calabresi e dei reggini. Giusto per riferirci alle ultime notizie di cronaca, viene da chiedersi come potrebbero, infatti, essere serene le maestranze delle ex officine Omeca, con lo stabilimento, unica eccellenza industriale del reggino, venduto ai giapponesi nonostante le parole di incoraggiamento del premier? E come dovrebbero riuscire a lavorare le piccole e medie imprese che stanno soccombendo per seri problemi di accesso al credito e senza l’appoggio finanziario delle strutture che dovrebbero garantirle e supportarle? Non può esserci alcun “job act” se mancano le realtà che dovrebbero assumere personale e della riforma tanto osannata resterà, appunto, solo un ‘act’. Qualcuno ha recentemente passeggiato sulla via commerciale della città dove tra poco saranno più le saracinesche abbassate e i locali pronti ad essere affittati che gli esercizi aperti al pubblico? La delegazione calabrese, salvo qualche rara eccezione, presente al Parlamento sta cercando di tutelare la regione affinché le venga riservata una giusta attenzione e non un posticino da cantuccio come se fossimo parte di un’altra nazione? E chi è che dal territorio sta difendendo Reggio e la Calabria (la quale, ad esempio, attende ancora una svolta “governativa” nel delicato settore sanitario) ponendo così gli interessi dei territori al di sopra della comoda collocazione da partito e da poltrona? E l’elenco potrebbe continuare ancora a lungo, anche alla luce di quelle infrastrutture le cui potenzialità e le cui capacità di generare introiti economici ed occupazionali non vengono minimamente considerate dai vertici governativi, ad esclusione di qualche dichiarazione di circostanza in base alla quale, parafrasando, “se non cresce il Mezzogiorno non cresce l’Italia”: locuzione che, con nostra amarezza, concretizza il famoso detto “verba volant”. Oggi, quindi, non si tratta più di parteggiare per una parte politica rispetto ad un altra, ma di andare dritti su una strada che non può e non deve essere caratterizzata dai silenzi complici di coloro che siedono su scranni strategici, anzi che al contrario necessita della collaborazione di ogni ambiente istituzionale, sociale, politico e statale affinché si compiano degli step condivisi e basati sulla reale intenzione di creare prospettive serie e strutturate. Tutto ciò però necessita anche di una non rassegnazione da parte dei cittadini i quali devono pretendere di veder tutelati i loro diritti in quanto imprescindibile condizione per la realizzazione dei propri obiettivi all’interno dei luoghi che vivono e non al di fuori dei confini calabresi.
Tilde Minasi riguardo l’attuale fase economica drammatica in Calabria
Tilde Minasi