Il Paese non ridiventi l’Italietta di un tempo

autostrade italianeHanno tentato di cavalcare il malcontento popolare rispetto alla incredibile vicenda del taglio di altri treni a lunga percorrenza che dalla Sicilia arrivano al Nord Italia, ma si sono ritrovati con qualche migliaio di manifestanti. Cifra insignificante rispetto alle decine di migliaia di cittadini che i ‘No Ponte’ riuscivano a mobilitare negli anni passati senza l’uso, allora, delle cariche istituzionali di Sindaco e Vice Sindaco di Messina, che nel frattempo sono riusciti a conquistare i due dirigenti del movimento di contestazione al Ponte, tra i più scatenati. Avendo capito qual’era il vento che soffiava, per non ridurre ancor più la partecipazione alla manifestazione di protesta, hanno utilizzato anche parole d’ordine di altra parrocchia, come la ‘continuità territoriale’ della Sicilia col resto d’Italia attraendo così quanti erano convinti che oltre alla protesta per il taglio dei treni si manifestava pure a favore per il Ponte sullo Stretto di Messina senza il quale si bestemmia a parlare di Alta Velocità in Sicilia che, come tutti sanno, è stata bloccata a Salerno per deviarla verso la Puglia. Non diremo mai che quella deviazione, come affermò Vendola per il Ponte, è stata decisa per poter permettere l’unità delle due mafie del posto, come camorra e sacra corona unità, ma molto più prosaicamente esclameremo perché ‘volsi così colà dove si puote ciò che si vuole’ che nel nostro caso è l’Europa a trazione teutonica. Scelta fatta per evitare, illusoriamente, di creare problemi ai porti del Nord Europa come Rotterdam, Amburgo e Anversa che fin’oggi detengono il monopolio del traffico container (solo Rotterdam ha ben 60 km di banchine e nel porto vi lavorano attualmente ben 165.000 addetti. Se l’incarico più brutale per bloccare il Ponte sullo Stretto fu affidato al ‘più tedesco degli italiani’, tal Mario Monti, con un ‘compito a casa’ che ha bloccato anche il corridoio 1 e quindi l’alta Velocità da Salerno in giù, adesso, il compito di far ingoiare la pillola è stato affidato al Comitato di esperti nominato per l’elaborazione del Piano nazionale della portualità e della logistica. Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) ha creduto opportuno pubblicare i verbali delle riunioni degli Esperti – per poi oscurarli in queste ultime ore – per farci leggere che non c’è futuro per i porti italiani che non reggono il confronto con i porti del Nord Europa e quindi “… meglio ipotizzare forme di accordi/alleanze, porsi in posizione ancillare rispetto a tali porti” e, al massimo, si può pensare che “nel settore dei container, opportunità di crescita vengono viste prioritariamente per Genova, Civitavecchia, Gioia Tauro e Trieste“. Ora, se è vero, come è vero, che per Genova si sta costruendo l’A/V ferroviaria realizzando il corridoio dei due mari (Genova-Rotterdam), e che Trieste sarà sicuramente collegata alla Tav Lisbona-Kiev, sono false le prospettive per Civitavecchia e ancor più false quelle su Gioia Tauro. Infatti, se Civitavecchia è fuori dai programmi europei, dato che le gallerie dell’appennino tosco-emiliano sono strette e basse e non sono adatte al transito dei container; la situazione di Gioia Tauro è una vera e propria presa in giro perché quel porto non è neanche collegato alla linea ferroviaria e il suo futuro sarà un transhipment sempre più ridotto stante la concorrenza dei porti del Nord Africa. Tra l’altro il trasbordo delle merci di per sé non ha prodotto, in questi anni, nessuno sviluppo al territorio circostante. Gli esperti del Comitato, poi, forse per vergogna non hanno nemmeno osato tenere aperta qualche porta per la Sicilia che, con il resto del profondo Sud, rimane totalmente tagliata fuori da ogni ipotesi di sfruttamento del business dell’interscambio delle merci, al massimo qualche Autostrada del Mare perché questa non si nega a nessuno. Quindi, totalmente cancellata, altro che taglio di treni! Gli esperti hanno discusso di un piano senza futuro, magari dovendo ‘legare l’asino dove vuole il padrone’, si sono limitati a fotografare lo status quo senza lavorare su concrete ipotesi di utilizzo del trasporto containerizzato in grado di coinvolgere l’intero Paese sia nella fase di costruzione del Ponte (acciai indispensabili per la realizzazione da produrre in Italia), come in quella di costruzione delle linee ad A/V ed A/C, e pure nell’adattamento delle gallerie dell’Ap-pennino e dei trafori alpini. E poi gli esperti hanno sorvolato, soprattutto, nella fase di captazione del traffico mercantile con l’utilizzo di quasi tutti i porti del Paese attraverso una logistica di livello estesa a Sud (Augusta, Pozzallo, Gioia Tauro). Le nostre deduzioni trovano spunto solo da quei verbali ufficiali apparsi nel sito del Mit, ma siamo pronti a ricrederci se per fortuna dell’intero Paese il Ministro Lupi, dando peso all’indirizzo politico decidesse di orientarsi verso la rimodulazione dell’intera questione, come qui delineata per sommi capi. Però c’è chi non vuole farlo per non disturbare i piani della portualità del Northern Range, non pensando che lo faranno altri! Anzi lo stanno già facendo con il FerrMed spagnolo-francese teso a utilizzare i propri porti che si affacciano nel Mediterraneo. Gli sciocchi, come sempre, saranno gli italiani, che resteranno a bocca asciutta, mentre gli altri o si stanno attrezzando per difendersi o per liberarsi dalla condizione ‘ancillare’ in cui si trovano. Per l’Italia, quindi, sulla base di quanto finora prodotto da Monti, Letta e Renzi, il grande traffico dei container non sarà un’occasione di sviluppo così come ha decretato la Merkel. Il Comitato degli esperti, con le riserve appena accennate, pare voglia contribuire ad assestare il colpo finale non solo alla Calabria ed alla Sicilia, ma a tutta l’Italia che rischia di ritornare ad essere l’Italietta del passato. E’ stata la cecità dei ‘No Ponte’ a produrre ciò che da anni stiamo denunciando. Personaggi in cerca d’autore, accademici in cerca di notorietà e carriere, borghesia meschina in difesa della propria casetta al mare, traghettatori che non intendono perdere la mammella dalla quale succhiano abbondantemente il latte, ambientalisti monoculi, hanno offerto all’attuale Europa la possibilità di liquidare, in malo modo, i problemi ereditati dalle precedenti illuminate classi dirigenti che, senza badare agli interessi egoistici dei singoli stati, puntavano tutto sulla riduzione dei tempi di percorrenza nell’interscambio delle merci decidendo sul corridoio 1 (Berlino-Palermo), mentre le attuali classi puntano solo a difendere il proprio orticello domestico. Il flop della iniziativa per il taglio dei treni, registrato a Messina, dimostra che è finito il tempo delle menzogne sparse a piene mani per dire ‘No al Ponte’, ed è iniziata una fase nuova che spinge le popolazioni interessate a rivendicare il diritto a chiamarsi non solo siciliani o calabresi, ma soprattutto italiani.

riceviamo e pubblichiamo

Giovanni ALVARO e Cosimo INFERRERA

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