Giovedì 12 febbraio, come ha annunciato ieri il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, dovrebbe essere approvato nel Consiglio dei ministri, dopo tre rinvii, il pacchetto di misure antiterrorismo che il governo ha trasformato da ddl a decreto per accelerare l’operatività delle norme. Gentiloni, durante l’annuncio, ha attribuito il ritardo a problemi di copertura per la parte che riguarda il rifinanziamento delle missioni militari, e inoltre anche l’esecutivo ha preferito attendere l’elezione del nuovo presidente della Repubblica prima di procedere all’approvazione del pacchetto. Tra le misure che dovrebbero consentire un forte contrasto alla minaccia del terrorismo internazionale, da parte dei foreign fighters e degli improvvisati jihadisti, l’introduzione di norme che, oltre a ostacolare tutti quelli che sono sospettati di voler partire per combattere in Medio oriente, permettano di sanzionare tanto i reclutati quanto i reclutatori. La reclusione è prevista per chi si arruola, per chi addestra – compresi anche quelli che scelgono di studiare da soli tecniche di combattimento e uso di armi – e anche per chi cura la logistica dei trasferimenti degli aspiranti jihadisti verso l’Iraq e la Siria. Con un costante monitoraggio nel web, soprattutto dei siti considerati «a rischio», verranno previste dure sanzioni anche per chi istiga a delinquere o fa apologia di terrorismo attraverso la rete. Anche per quanto riguarda le armi “fatte in casa” verranno introdotte norme per punire il possesso abusivo degli «ingredienti» necessari ad assemblare ordigni. Ma il tema che ha fatto più discutere durante la stesura del testo del decreto è stata la creazione di una procura nazionale antiterrorismo, che potrebbe risolversi con la partenza di una sezione all’interno di una struttura già consolidata come la Direzione nazionale antimafia. Altro ostacolo al decreto definitivo la definizione delle nuove «garanzie funzionali» assicurate agli uomini della nostra intelligence, che reclamava maggiore «elasticità» e strumenti che offrano maggiori poteri e tutele rispetto a quanto previsto finora dalla legge. Alcune delle nuove norme dovrebbero, appunto, consentire agli agenti dell’ intelligence di effettuare «colloqui investigativi» anche in carcere, finora esclusiva della Magistratura. Potrebbero essere inoltre allargati i confini entro i quali uno 007 può restare sotto copertura, mantenendo la finta identità anche in fase di deposizione davanti a un magistrato o di continuare, se arrestati, a restare sotto copertura tra le mura del carcere. Con il nuovo decreto, inoltre, anche il permesso di soggiorno verrà utilizzato come «merce di scambio» per acquisire informazioni utili all’ intelligence. Il decreto, infatti, autorizzerà i questori a rilasciare i permessi per quegli stranieri che vogliano fare da informatori per l’antiterrorismo italiano.