Il confronto di ieri sera tra Marine Le Pen e Massimo D’Alema, andato in onda su La7 a “di Martedì”, il programma di approfondimento politico condotto da Floris, ha appassionato e tenuto incollati al teleschermo. Non tanto per il sempre chiacchierato esponente della sinistra italiana, sovente al centro di intrighi politici, quanto per la presenza della leader del Fronte Nazionale francese che, nonostante, alla fine, sia stata costretta a confrontarsi con una platea per la maggioranza a lei non favorevole, non solo è riuscita a concentrare l’attenzione su di se, ma anche a mettere in evidenza le gravi lacune della propaganda europea, eternamente favorevole all’Euro e all’immigrazione incontrollata, esposta da D’Alema e dagli altri ospiti intervenuti nel successivo dibattito.
Com’era prevedile, l’ex segretario dei Ds, nonché ex Primo Ministro, si è lanciato nella solita retorica, candida dagli altrettanto soliti argomenti tipici di certa cultura ed informazione italiana, come le garanzie di assenza di guerre da oltre sessant’anni (anche se forse il vero motivo di dissuasione è la presenza di armi di distruzione di massa), la possibilità di circolare liberamente e di coordinare lo sviluppo economico a livello europeo. Grazie all’Euro – ha sostenuto D’Alema – l’Europa è più unita, più competitiva e potrebbe far fronte ai blocchi rappresentanti da altri Paesi più grandi, come India, Cina e Brasile. Se c’è la crisi, ha continuato, la responsabilità deve essere attribuita alle politiche conservatrici e alla tendenza di alcuni Paesi di far prevalere le sovranità nazionali piuttosto che cedere ulteriormente poteri al Parlamento europeo nell’ottica di una maggiore e migliore rappresentanza dei cittadini. Critica dura, quindi, a chi guarda con nostalgia al passato e, di conseguenza, nei confronti dei nazionalismi e di chi ancora si ancora su posizioni di difesa delle frontiere, che oggi non avrebbero più motivo di esistere ed esaltazione dell’attuale modello europeo, creato a seguito del secondo conflitto mondiale.
Modello europeo che la leader del Front Nazional non ha esitato a definire “sovietico”, sottolineando come dal politico italiano vengono espresse le stesse motivazioni utilizzate quando crollò il sistema russo. Come all’epoca, per qualcuno, sarebbe servito più modello sovietico, oggi, per evitare il peggio, serve più modello europeo. Ma questo sistema, secondo Marine Le Pen, in realtà, è già fallito, palesando lacune evidenti che non è mai riuscito a colmare. Serve, quindi, un passo indietro, in primo luogo perché oggi i vari Paesi europei hanno esigenze diverse che devono essere affrontare con ricette differenti. Ma non solo, perché ciò che unisce i Paesi europei non può essere soltanto un discorso di natura economica, giacché è fondamentale far appello alla nostra storia passata e ai nostri valori. Le Pen, quindi, considera, da un lato, l’euro come una parentesi drammatica che ha ridotto il potere di acquisto e ha mandato in crisi l’intero apparato socio-economico e, dall’altro, l’immigrazione, ormai come un fenomeno al quale Nazioni come la Francia, ma il discorso vale anche per l’Italia, non possono più far fronte visti i problemi interni che devono affrontare.
E, proprio in quest’ottica, è durissimo l’affondo della leader francese che sottolinea come, per risolvere i problemi rappresentati dalla crisi economica e lavorativa e il basso tasso di natalità, la strada non è quella dell’apertura indiscriminata all’immigrazione, a cui D’Alema sembra fare appello al fine di colmare la tragica diminuzione delle nascite, ma che alla fine pone inevitabili problemi di natura politica, culturale e sociale, tra cui l’integrazione a tratti difficile e la diminuzione del costo del lavoro, ma deve essere quella che passa attraverso politiche che facciano aumentare quel tasso di natalità e che aiutino cittadini ed economia. È stata emblematica la replica di D’Alema che ha ironicamente ricordato come un qualcosa del genere, almeno dal punto di vista della natalità, l’Italia lo abbia già avuto nel passato. Che si riferisse al fascismo? In conclusione, secondo Marine Le Pen, è necessaria un’inversione di rotta, perché, piuttosto che difendere la possibilità di passare le frontiere liberamente per farsi una vacanza, ciò che fa difeso, oltre a quanto già detto, sono le persone, in numero sempre crescente, che quella vacanza non possono più permettersela.