Al coro degli scontenti della riforma del lavoro si unisce anche il Movimento cinque stelle. Il Jobs act, insomma vince (legislativamente) ma non convince quasi nessuno, sebbene i vari schieramenti politici, eccetto qualche punto in comune, propongano soluzioni strutturalmente diverse.
Questo probabilmente perché la ripresa economica non passa soltanto attraverso la definizione di una nuova disciplina normativa in materia di lavoro, ma anche dalle politiche fiscali e dallo snellimento della complessa e farraginosa macchina burocratica.
In un post comparso sul sito di Beppe Grillo, a firma di Laura Castelli, portavoce deputata del movimento, viene tracciato un quadro impietoso che non fa salvo proprio nulla della “riforma dem” che, tra l’altro, è riuscita nell’ardua impresa di deludere contemporaneamente larga parte della minoranza PD (con Pippo Civati in testa) e i “compagni” di governo del nuovo Centrodestra che, tuttavia, sebbene in passato abbiano minacciato di far cadere il governo qualora fosse stato stravolto il senso del Jobs act, soprattutto in tema di articolo 18 ed affini, hanno recentemente chiarito che non faranno ricorso a questa soluzione radicale.
Nel post di cui sopra si legge, quasi ironicamente, l’espressione “fregature crescenti” in luogo della nota formula di “contratti a tutele crescenti”, usata dalla compagine governativa per indicare l’intervento inerente la riduzione delle tipologie contrattuali nell’ottica di una flessibilità (in entrata ed uscita) che si sostituisca alla odierna precarietà. Insomma due termini diversi che, tuttavia, parafrasando la posizione espressa dal M5s, rischiano nella pratica di indicare la stessa circostanza. “Nessuna tutela reale, ma solo un ristoro economico, vero ricatto morale che fa leva sulla fragilità di chi oggi non si può permettere di perdere il lavoro, di chi è costretto ad adeguarsi, per sopravvivere, al detto <<pochi, maledetti e subito>>”, si legge.
“Da oggi si nasce senza diritto al lavoro – continua la deputata grillina – si acquista giorno per giorno e in alcuni casi lo perdi strada facendo. Loro le chiamano tutele crescenti, noi sappiamo che è violazione dei diritti”. In realtà, quindi, per i neoassunti il quadro che ne viene fuori altro non sarebbe che un regime a “fregature crescenti” che determina “maggiore instabilità sociale, precarietà di vita e impossibilità di costruire il futuro”, oltre che incapacità di sostenere una famiglia e, dunque, gravi difficoltà di vivere una vita dignitosa.
Le ricette per il movimento di Beppe Grillo, quindi, sarebbero altre. E a spiegarne alcune ci pensa il senatore Alberto Airola, intervistato dal TG1. Airola, secondo il quale Matteo Renzi “vende fumo e precarietà agli italiani”, sollecita il Presidente del Consiglio ad affrontare le proposte del Movimento, ovvero le norme in tema di anti corruzione, il taglio dell’Irap, sgravi fiscali per le partite Iva, nonché il Reddito di Cittadinanza, in merito al quale invita il segretario del PD a prendere parte alla votazione prevista per gennaio in Senato.