Nei giorni scorsi l’assessore regionale alla cultura Mario Caligiuri ha scritto ai Presidenti delle Province al fine di avviare le procedure per il dimensionamento dell’anno scolastico 2015/16. Le operazioni vanno trasmesse dalle Province alla Regione entro il prossimo quindici dicembre, poiché gli atti devono essere definiti entro il trentuno.
Stiamo scontando ancora come provincia di Reggio Calabria, ma anche come intera regione, la miopia con cui si è agito, la logica spesso campanilistica o semplicemente politica delle scelte in questi ultimi anni effettuate. I piani di dimensionamento della rete scolastica spesso sono stati frutto non di un percorso condiviso tra tutti i soggetti interessati – dirigenti, scuole, docenti, famiglie, istituzioni – né trasparente e , di conseguenza, equi nelle scelte, laddove invece gli stessi piani devono essere il risultato di una attività conoscitiva e valutativa dei bisogni dell’utenza che va garantita nel suo pieno diritto all’istruzione e al successo formativo con uguali opportunità per tutti gli allievi.
La nuova politica scolastica, invece, sembra ritenere che le scuole dei piccoli centri aspromontani e preaspromontani siano dei rami secchi da tagliare, che contraddice peraltro le tanto insistite politiche della famiglia. Fino ai dodici anni il diritto alla scuola nel luogo dove si abita dovrebbe essere un diritto inalienabile. Fra l’altro la politica europea che tende a ripopolare le zone di montagna e i paesini dell’entroterra cozza contro questa preoccupazione tutta economica di chiudere ciò che a occhi miopi risulta non produttivo. Sto parlando della provincia reggina montana dove sono state chiuse o ridimensionate anno dopo anno le scuole con l’argomento che a servirsene sono in pochi. Questa ossessione del risparmio che si esercita sui più deboli, sui più piccoli, a me pare insensata. Ho già avuto modo di ribadire in più circostanze che, in particolare, in questa provincia una buona metà della popolazione scolastica superiore non gode della piena offerta formativa che la scuola propone perché tagliata fuori dalla indisponibilità del trasporto pubblico negli orari pomeridiani e serali che impedisce agli allievi provenienti dall’entroterra di rientrare nei loro paesi.
Sicchè le attività complementari che la scuola svolge, compresa l’attività di recupero e le altre iniziative mirate a rafforzare la frequenza scolastica e quindi ad impedire la dispersione scolastica , non possono essere fruite. Per non parlare , poi, delle strutture e delle infrastrutture scolastiche, dei laboratori ,delle èquipe medico-psico-pedagogiche(ci attendiamo molto in tal senso dai comuni e dalle aziende sanitarie locali)che, se adeguate e presenti consentirebbero alla stessa scuola di essere veramente un centro di comunità educante permanente aperta a tutte le fasce sociali con programmi di iniziative flessibili con una ben chiara doppia valenza:prevenzione , socializzazione e integrazione con la formazione scolastica Mi auguro che i prossimi tavoli interistituzionali che nei prossimi giorni saranno attivati tra provincia e comuni, nonché USP, per il nuovo dimensionamento operino con una visione innovativa prevedendo plessi polivalenti in grado di seguire il processo formativo dalle scuole dell’infanzia alla media di primo grado. Innovazione significa ripensare la scuola non più come singolo edificio ma come il nodo di una rete di formazione che si estende non solo alla singola comunità, ma ad aree intercomunali . E’ indispensabile un progetto integrato d’area del territorio per realizzare azioni comuni tra le diverse istituzioni sulla base di una regia organica rivolta a sostenere l’innovazione nei processi formativi e nelle strategie d’accoglienza agli studenti. Quanto detto significa che il sistema educativo deve essere costruito a livello culturale – educativo,ma anche a livello politico e organizzativo. A livello politico l’ente locale deve ancor più rappresentare il promotore del raccordo tra le risorse educative presenti nel territorio rivestendo il ruolo di promotore nella costruzione del sistema educativo integrato. Bisogna passare dal Pof della singola scuola alla elaborazione di un POF territoriale come proposta educativa di un territorio e nello spirito di una istituzione scolastica intesa come comunità educativa permanente. Certo il banco di prova sarà costituito dalla capacità di integrare tra comuni viciniori strutture e servizi, secondo la prospettive delle intese e degli accordi di programma nei settori strategici del sistema formativo (infanzia, post-obbligo- istruzione professionale, orientamento, handicap, centri di risorse, ecc.) con l’esigenza di un preciso quadro di riferimento e di riscontri sul piano dei risultati. Mi rendo conto che il panorama che si intravede all’orizzonte dal punto di vista economico imporrà dei sacrifici e delle scelte, ma proprio per questo occorre prepararsi a fronteggiare tali ristrettezze lavorando insieme enti locali e amministrazione scolastica nella individuazione delle scelte. Si pone, tuttavia, il problema di una nuova governance , che valorizzi il ruolo intelligente delle periferie, di forme orizzontali di responsabile autogoverno, non singole scuole, velleitariamente autarchiche e in competizione isolata, ma un sistema di scuole autonome che interagiscono tra di loro e con la comunità di riferimento, capaci di costruire un vero e proprio ‘patto educativo territoriale’ che coinvolga in genere i comuni (singoli o associati) e le scuole (associate in rete) su scala cittadina e/o su base comprensoriale. Sono convinto che la linea culturale vincente è quella che tende ad un rapporto nuovo scuola-territorio, all’uso didattico del territorio. Si tratta di piegare a dimensione etica e pedagogica l’economico, il politico, il sociale, l’amministrativo, il culturale con consapevolezze e responsabilità diverse.
Prof. Guido Leone – Già Dirigente Tecnico USR Calabria