L’associazione culturale “Altrove”, presieduta da Anna Cardamone, ha proposto, nel suggestivo anfiteatro dedicato al giovane scomparso Lello Cardamone e posizionato accanto alla sede operativa, un singolare incontro “ Il processo a Lesbia” di cui il dottor Giuseppe Notaro è ideatore del progetto e autore del testo. Illustrata la tormentata storia d’amore di Lesbia con il poeta latino Caio Valerio Catullo, il dottor Notaro si è rivolto al pubblico presente, nella funzione di giuria, perché esprimesse su delle schede la condanna o l’assoluzione della donna per infedeltà e, naturalmente, dopo aver ascoltato le arringhe di accusa e di difesa. Allo spoglio è seguita la proclamazione della sentenza di assoluzione di Lesbia quasi all’unanimità. Così dopo 2000 anni si è resa giustizia a Lesbia ( vero nome Clodia), sorella del tribuno Clodio e moglie di Quinto Metello Celere. Il primo incontro di Lesbia con Catullo, appartenente ad una famiglia agiata, secondo la fantasia del dottore Notaro, avvenne nella villa del poeta, costruita sulla costa meridionale del lago di Garda, all’ estremità della penisola di Sirmione, dove erano ospitati alcuni amici. Nato a Verona nella Venetia et Histria, Catullo morì alla giovane età di trent’ anni ( 54 avanti Cristo) e fu autore di Carmi nei quali, con accenti sinceri, canta la travolgente passione per l’infedele Lesbia descrivendola non solo graziosa , colta, intelligente, ma anche crudele, bugiarda, spregiudicata e di facili costumi che causarono litigi alternati a periodi di rappacificazioni. L’odio e l’amore convivevano nell’ animo del poeta, deluso e amareggiato per i continui tradimenti che gli resero la vita un inferno tanto che più volte invocò gli dei perché lo liberassero dal quell’amore che, come un veleno, si era insinuato nelle sue più intime fibre e lo stava distruggendo. Nel corso della serata il dottor Notaro, nelle vesti di avvocato della difesa e dell’accusa, ha puntualizzato i motivi per cui Lesbia doveva essere assolta o condannata. «Ma Catullo – ha affermato – a che titolo pretendeva che Lesbia fosse fedele a lui non essendo neanche suo marito ma soltanto per avergli giurato eterno amore in momenti particolari durante i quali, come scrive in carme, «ciò che una donna dice all’amante bramoso lo si deve scrivere sul vento e sull’acqua che scorre via». E con quale diritto il poeta poteva pretendere fedeltà giacché egli stesso ebbe un’altra relazione con un giovinetto romano di nome Giovenzio e non solo? Di Lesbia sappiamo ciò che ci dice Catullo in positivo e in negativo e certamente senza il suo amore non avrebbe scritto i suoi carmi e non sarebbe diventato uno dei più noti rappresentanti della scuola dei “poeti nuovi”. Non si deve neppure dimenticare che in quel tempo la morale era meno rigida rispetto alla nostra per cui le donne godevano di maggiore libertà.
LINA LATELLI NUCIFERO