“Cominciamo a parlare di qualità della spesa pubblica anziché di riduzione”
“Mi assale l’indignazione e lo sgomento quando penso a quanti fiumi di parole vengono riversati nel mare fluttuante della retorica e della demagogia da quei professionisti del populismo che parlano di tagli della spesa pubblica senza aver la minima idea di cosa stiano dicendo ma si abbandonano al delirio alla ricerca del facile consenso”. Così la candidata al consiglio comunale per la lista Reggio Futura Tiziana Catalano si esprime in merito al tema del contenimento della spesa pubblica delineando un percorso per la crescita e lo sviluppo del territorio cittadino. “Fare riferimento genericamente a tagli – prosegue Tiziana Catalano – senza entrare nel merito delle azioni da programmare e senza valutarne le conseguenze, non solo è rappresentazione di grande incapacità amministrative ma è prova, qualora ce ne fosse bisogno, di malafede e stupidità. Non ho mai sentito accennare al risparmio, distinguendo tra quelle spese che producono reddito e ricchezza e quelle che invece non lo fanno. Il metodo è diverso e facilmente circostanziabile ad uno schieramento politico che della falsa morale e della retorica ha fatto la sua fortuna, portatore di un ideologia che taglia qualunque spesa, anche la più produttiva, a favore delle spese ideologiche quanto inutili che però possono apparire come scelte altruistiche, socialmente utili, scelte che li farà annoverare tra le schiere dei buoni, eletti a guidare il popolo bue, sempre amorale, brutto e cattivo. Il taglio della spesa pubblica deve essere affrontato con la mente libera da falsi ideali e lasciando da parte la ricerca del facile consenso. Troppo facile dire che non si deve tagliare sugli ammortizzatori sociali, sulla sanità, sull’accoglienza, sulla disabilità, sull’assistenza sociale. Chiaramente è così, anche perché nessuno vuole tagliare su spese così vitali per la vita della gente, la verità è che dietro tipologie di spesa così inattaccabili si è insediato il peggio del peggio, su queste voci di spesa vive e vegeta la peggior fattispecie di esseri umani che del sociale, del politicamente corretto, del falso perbenismo, hanno fatto la loro fortuna. Perché spendere centinaia di miliardi di euro, solo negli ultimi anni, per finanziare la cassa integrazione, invece di utilizzare quei soldi per ridurre i costi del lavoro alle imprese è facilitare l’occupazione? Si è preferito gettare miliardi di euro per tenere la gente a casa, se quei soldi fossero stati investiti nello sgravio degli oneri contributivi, avremmo avuto meno disoccupazione e soprattutto maggiore entrate sotto forma di tasse, dal momento che il reddito di un impresa è spesso legata al numero di addetti. Invece no, si è preferito dare soldi alle gente affinché rimanesse disoccupata, impedendo alle aziende di assumere a causa del costo, contributivo del lavoro, insostenibile. Non parliamo poi dell’accoglienza, il business del nuovo millennio, milioni di persone in fuga dalle guerre e dalla povertà, pronte ad essere accolte nella nostra già destabilizzata Italia, non solo per amore fraterno o per carità cristiana, queste cose sono quelle che deve pensare la gente comune, la realtà è ben diversa, dietro questa pelosa accoglienza c’è un business milionario e per lo più retaggio di quelle associazioni che si sono attrezzate per tempo. La cosa che mi atterrisce è che dietro queste organizzazioni, nelle quali lavorano, in assoluta buona fede e spinti da vero amore per il prossimo, migliaia di volontari che non possiamo che ammirare, vi è una vera è propria organizzazione del dolore e della disperazione che lucra sull’immigrazione calandosi nelle vesti di protettrice dell’umanità. In questo momento non vi è traccia alcuna di integrazione programmatica nel nostro paese come nella nostra città , assistiamo passivi, chi più chi meno in modo compassionevole, ad una “condivisione diffusa di disagio e ad una contaminazione di problemi” purtroppo anche negli stessi luoghi deputati all’ospitalità. Per essere esplicita –conclude la candidata di Reggio Futura – non credo che il problema sia l’ammontare della spesa pubblica, né lo sforamento dei parametri di Maastricht, il problema risiede in come si spendono quei soldi: una parte deve servire a garantire il Welfare, proteggendo i cittadini più deboli, l’altra deve mettere in moto l’economia, produrre reddito. Il rapporto deficit/pil si riduce aumentando il prodotto interno lordo non riducendo le spese. Bisogna, semmai, spendere con l’intento di fare crescere il prodotto interno lordo. Inutile parlare di riduzione della spesa pubblica, cominciamo piuttosto a parlare di qualità della spesa pubblica”.