La sera di Mercoledì 18 settembre, dopo la festa di Madonna, il parroco chiamò Angelica e Paolino per informarli che si era spesso lamentato in curia di non farcela più, data l’età avanzata, e che anche quei due ragazzi da soli non bastavano a far fronte alle esigenze dell’oratorio. Per questo motivo, quella mattina, era stato convocato dal Vicario ed informato che una ragazza sarebbe venuta in aiuto, dalla parrocchia del Duomo, ai ragazzi del paese, per il catechismo e l’oratorio, che sarebbero iniziati alla fine del mese. Sarebbe stato così meno oneroso affrontare catechismo ed oratorio. Paolino, che era sempre disponibile a ricevere aiuto dagli altri, così come a donarlo, si dichiarò subito favorevole, mentre Angelica manifestò stupore, le sembrava strano che la curia, che mai aveva manifestato interesse per quella parrocchia, si svegliasse all’improvviso. Il parroco confessò allora che sembrava strano anche a lui. Gli suonava come un controllo, un commissariamento e lo capiva. Da tempo infatti si vociferava, in curia, che l’aver aperto la collaborazione massima a quei ragazzi aveva portato una eccessiva ventata di progressismo in parrocchia. Paolino sapeva che era vero. Sapeva che la sua idea di cattolicesimo aperto agli ultimi era rivoluzionaria, prematura in attesa che il Concilio si concludesse. Ma sapeva anche, e lo ripeteva spesso, che il Figlio di Dio era nato ultimo fra gli ultimi e che era morto mentre ai piedi della Croce c’erano due ultimi: la Santa Vergine, umile donna e serva di Dio, e l’ultimo degli Apostoli, il più piccolo, quello che contava meno di tutti gli altri. Gesù si era fatto, quindi, uomo per gli ultimi, allora gli uomini avrebbero dovuto ricambiare questo suo smisurato Amore, amando e servendo a loro volta gli ultimi. Se poi l’attenzione agli ultimi veniva imputata anche ad alcune forze politiche, non era un problema suo. Era sereno nel suo vivere la fede. Ma non tutti erano sereni della sua fede. La ragazza sarebbe venuta per la organizzazione delle attività il sabato pomeriggio alle sedici.
Il sabato pomeriggio, Angelica e Paolino erano già in sacrestia con alcuni dei ragazzi del loro gruppo, quando intravidero dalla finestra, la millecento blu del Vescovo, seguita da una millecinque grigio scuro. Il parroco uscì di corsa dal suo piccolo ufficio per andare incontro al Pastore, mentre Angelica e Paolino stettero a trattenere e spiegare ai ragazzi cosa stava accadendo.
L’autista della millecinque, in livrea, scese ed aprì la portiera posteriore destra, scese la signora Genoveffa. Aprì, poi, la portiera sinistra dalla quale scese una ragazza. Era bellissima, alta ed esile, occhi verdi smeraldo e capelli biondi lunghi fino alla schiena. Indossava con elegante disinvoltura dei pantaloni rossi ed un golfino blu, dal quale fuoriusciva un colletto di merletto bianco, che incorniciava, rendendola più splendente, la bellezza degli occhi. Entrarono nella sala catechismo, il Vescovo, tenendo sottobraccio la signora Genoveffa, poi la ragazza, infine il segretario del vescovo ed il parroco. Angelica era rossa in volto, tra l’arrabbiato e l’indispettito. Paolino, invece, conservò il pallore della malattia, che nulla delle sue sensazioni lasciava trasparire. In cuor suo però collegò i sospetti del parroco con quella visita, senza sapere il perché, ma intuì che c’era un collegamento.
Infatti quella bellissima ragazza, che li avrebbe aiutati per il catechismo e l’oratorio, si chiamava Gina ed era la figlia dell’onorevole Rocco, figlio della signora Genoveffa e proprietario del giardino e della stalla condotti da Nino e zio Nato, che era stato parlamentare fino alle elezioni di aprile, quando era stato trombato, prima con il partito dell’uomo qualunque e poi con il partito liberale. Per quale motivo una ragazza così ricca ed altolocata, si scomodava a venire a dare una mano in parrocchia. Poi per quale motivo si era addirittura scomodato il Vescovo. Ma subito si pentì dei cattivi pensieri, ottimista e sempre disposto a vedere solo i lati positivi nell’essere umano, pensò che forse la ragazza provava la sua stessa fede. Allora si mostrò gentile e ben disposto ad accettare l’aiuto.
Il Vescovo fece le presentazioni, elogiando le virtù della ragazza, che aveva studiato fino ad allora in un collegio di suore a Roma. Paolino si ricordò allora che sua madre le aveva, più volte, raccontato la storia di quella ragazza. Gina, il vero nome era Genoveffa, era figlia dell’onorevole e di una donna milanese, molto ricca figlia di industriali, che quando la bimba aveva solo un anno scappò via con un altro uomo, per andare a vivere in Svizzera, lasciando anche la bambina, che fu allevata dal padre e dalle governanti, purtroppo la madre morì qualche anno dopo in un incidente stradale e la ragazza non la conobbe mai. Qualche anno dopo, una governate, durante una lite con il padre spiattellò la verità a Gina, che ne rimase profondamente turbata. Gina viveva e studiava a Roma con il padre, veniva a Reggio per le vacanze estive e qui aveva molti amici, fra i figli dei “borghesi reggini”, come li chiamava Nino. Il Vescovo spiegò che Gina da quell’anno avrebbe studiato a Reggio, dove si era trasferita con il padre, per cui Egli la aveva pregata di aiutare in quella parrocchia tanto bisognosa.
Seguì un breve ringraziamento del parroco. Anche Paolino ringraziò il Vescovo, a nome anche di Angelica, e confermò che quella parrocchia fatta di “ultimi”, aveva tanto bisogno di aiuto, essi avevano bisogno di aiuto, ma avevano bisogno di aiuto per crescere, per progredire, per studiare ed affermarsi, liberandosi dal duro lavoro delle braccia. Gina, ascoltato il discorso, tradì una nota di disprezzo, infatti rivolgendosi alla nonna, esclamò sottovoce, ma tanto da farsi udire dai presenti, che il padre la aveva avvisata che ormai i comunisti si erano infiltrati anche nella chiesa.
Paolino non provò rabbia, ma solo commiserazione. D’altra parte come avrebbe potuto capire quella ragazza, ricchissima, ma povera di affetto. Pensò che quell’anima andava convertita al bene verso il prossimo e ci avrebbe provato. Angelica invece era furibonda, quando gli ospiti andarono via si lasciò andare in una serie di improperi, interrotti solo dalle “giaculatorie” del parroco.
Gina sarebbe ritornata il giorno seguente, per l’inizio delle attività annuali dell’oratorio.