In questi mesi si è discusso di vincoli europei fino quasi a perdere la ragione. Anche questo, al pari di riforme importanti come quella della giustizia e del lavoro, è stato un argomento di grande divisione non solo in modo trasversale tra le varie forze politiche ma anche all’interno delle stesse coalizione o degli stessi partiti. Molto spesso la cosiddetta Europa dei mercanti e dei banchieri è stata oggetto di aspre critiche, nonché di quasi paradossali cambi di giudizio. Insomma, per farla breve, questa Europa a tratti piace a tratti no.
C’è, tuttavia, un pensiero di fondo in merito al quale sembrava che si stesse consolidando una posizione politica nazionale comune, ovvero quello secondo cui talune regole europee andrebbero non solo rivalutate ma finanche totalmente cambiate. Evidentemente è stato un abbaglio perché, fino adesso, a parte timide prese di posizioni o i soliti slogan da eterna campagna elettorale, sul fronte europeo non sembra muoversi nulla, anzi si verifica esattamente l’opposto. Se in un primo (evidentemente confusionario) momento si afferma che le regole vanno cambiate e i parametri ridiscussi, non passa troppo tempo che si rivendica con forza la necessità che quei vincoli vengano rispettati. Lo si evince chiaramente dalle ultime dichiarazioni del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, secondo il quale “Con il rapporto deficit/Pil al 3% è pienamente rispettato il fondamentale vincolo dell’Europa”. Insomma, con un agilità degna di Juri Chechi, quel vincolo discutibile e, seppur parzialmente, rivedibile, diventa fondamentale. Probabilmente, dal punto di vista di Padoan, come da quello di molti altri “lunatici” politici italiani, di mezzo ci sarebbe la nostra credibilità ed affidabilità dinanzi non solo ai nostri partner europei ma anche alle istituzioni economiche di mezzo mondo. Tutto si riduce, quindi, ad una questione d’onore. Ironia a parte non è possible puntare il dito contro nessuno perché questo non è un problema attinente al colore politico ma ad una contraddizione di natura culturale che, come tale, va al di là degli schieramenti e delle convinzioni personali. “Il governo – ha continuato il ministro – sta attuando e intensificando il piano di riforme”, per cui l’Italia “sta rispondendo in modo sufficiente” alle richieste provenienti dall’Europa. Siamo, quindi, partiti con l’idea di far sentire la nostra voce in Europa, soprattutto dopo la vittoria tanto decantata dai rottamatori renziani del Pd alle europee, per finire col continuare con la stessa sinfonia che ha fatto da sottofondo ai governi (tanto criticati dai rattomatori renziani, della prima e dell’ultim’ora) Monti e Letta, rimandando costantemente il tanto agognato momento del riscatto italiano. Sarà per questo che alcuni media hanno pensato bene di indicare una nuova – ennesima – data a cui associare eventualmente un possibile – ennesimo – scatto di dignità, ovvero quella del 6 ottobre, proposta dallo stesso Mattero Renzi per un vertice europeo straordinario sulla crescita.