Persino nelle più rosee aspettative i politologi e gli analisti economici della prima e dell’ultim’ora davano per certo che l’articolo 18 sarebbe stato oggetto di inevitabili scontri, non solo trasversali alle varie forze politiche ma anche interni a quello che oggi è il primo partito italiano, ovvero il Pd. Ed è proprio l’articolo 18 o, più in generale, la riforma sul lavoro che sta facendo emergere tutte le contraddizioni interne al centro sinistra italiano, diviso in varie componenti, più o meno riformiste, più o meno conservatrici o presunte tali. Per Matteo Renzi il reintegro non va bene perché crea lavoratori di serie b e, in ogni caso, si inserisce in un contesto normativo che non favorisce la riduzione della disoccupazione. Di parere opposto, ovviamente, la minoranza del Pd che alza il livello di allerta. Se il segretario del pd, infatti, non più tardi di ieri, si era detto fiducioso in merito al rischio di una spaccatura all’interno del partito democratico, la dura replica arriva oggi da Pippo Civati, uno dei componenti della minoranza. Secondo Civati, infatti, il rischio scissione c’è “se Renzi non si rende conto di essere anche il segretario di un partito che può avere legittime differenze al proprio interno e che è stato eletto per difendere l’articolo 18 così, non certo per abolirlo”. Gli fa eco Gianni Cuperlo: “Faccio appello al premier e segretario del Pd – ha dichiarato – perché, nelle prossime ore, assuma una posizione coerente con il profilo della principale forza del progressismo e del socialismo europeo”. La direzione di lunedì fugherà ogni dubbio e, molto probabilmente, metterà la parola fine su uno scontro che sta mettendo finanche in discussione la stabilità del Governo. La Cgil, nel frattempo, conferma la data del 25 ottobre per il possibile sciopero generale, nel caso in cui il governo dovesse procedere con un decreto. “Il 25 ottobre in piazza per una nuova stagione”, ha, infatti, precisato il segretario generale Susanna Camusso.