Ci sono state e ci sono molte personalità della recente storia politica d’Italia che aspirano al titolo di “statista”. Purtroppo per il nostro Paese sono in verità pochi coloro che realmente e legittimamanente possono meritare tale titolo e uno di questi è Alcide De Gàsperi, nato in Provincia di Trento nel 1881 e morto a Sella di Valsugana nell’agosto del 1954. All sua figura e alla sua opera, nel 60° anniversario della morte, l’Associazione Culturale Anassilaos dedica un incontro sul tema “La proposta politica di De Gasperi” con l’intervento del Prof. Antonino Romeo.Introdurrà Tito Tropea, Presidente della Sezione Giovanile di Anassilaos, che si terrà martedì 23 settembre alle ore 18,00 presso la Sala San Giorgio. A spiegare la “felice anomalia” di De Gasperi nel panorama della politica italiana, il suo rigore morale e il disinteresse personale, il suo essere scevro da quella teatralità che ha contraddistinto e contraddistigue il politico italiano sempre alla ricerca di espressioni e frasi reboanti che spesso celano il vuoto di idee e programmi, forse l’essere nato in una regione, il Trentino al tempo, e fino al 1918, parte dell’Impero Austroungarico, la cui buona amministrazione e politica è stata sempre riconosciuta dagli storici. Studiò e si laureò in Giurisprudenza a Vienna e fino all’annessione del Trentino la sua attività politica si volse nel contesto istituzionale della duplice monarchia asburgica. Dal 1911 fu infatti deputato al parlamento austriaco, chiamato a difendere l’italianità culturale e gli interessi economici della sua regione, di cui propugnava l’autonomia, fino a quando con gli altri deputati italiani manifestò la volonta del Trentino di essere annesso all’Italia. Divenuto prestigioso esponente del Partito Popolare, fu eletto nel 1921 alla Camera dei Deputati. Dopo la Marcia su Roma sostituì Luigi Sturzo alla guida del partito. Condannato a quattro anni di carcere per il suo antifascismo fu impiegato nella Biblioteca Vaticana da dove rifondò il partito popolare con il nome di Democrazia Cristiana. Fece parte del ministero Bonomi come ministro senza portafogli, fu ministro degli Esteri nel secondo gabinetto Bonomi e in quello Parri (dic. 1944 – dic. 1945) e infine, ininterrottamente, presidente del Consiglio fino all’agosto del 1953. Sette anni intensi sia sul piano politico e istituzionale che su quello della ricostruzione economica, sociale e morale dell’Italia dopo la guerra. Nella veste di Presidente del Consiglio affrontò con pigliò severo il tentativo della monarchia di non accettare il risultato del referendum del 2 giugno 1946. Governò insieme coi socialisti e coi comunisti e, dopo il 31 maggio 1947, con la partecipazione soltanto dei partiti di centro. Affrontò le elezioni politiche del 18 aprile del 1948 che segnarono il trionfò del suo partito, che sfiorò la maggioranza assoluta, un successo forse troppo travolgente per lo stesso De Gasperì che preferì un esperienza di governo con liberali, repubblicani e socialdemocratici nel timore che in Italia si potesse realizzare una sorta di governo clericale troppo strettamente legato alla Chiesa al tempo guidata dalla ferma mano di Pio XII. Da “cattolico adulto”, diremmo noi oggi, egli aveva ben chiara la distinzione tra Chiesa e Stato al puntò che osò resistere ai tentativi dello stesso Pontefice di promuovere, per le elezioni amministrative di Roma (1952) una coalizione che comprendesse monarchici e missini. Il Papa se ne risentì e un paio di mesi dopo si rifiutò di accogliere in udienza privata il premier e sua moglie. In vista delle elezioni del 1953 De Gasperi fece approvare una legge elettorale che prevedeva un premio di maggioranza alla coalizione che avesse superato lo sbarramento del 50% dei suffragi quella che le opposizioni chiamarono legge truffa. La legge non scattò per pochi voti ma da allora, anche all’interno del suo partito, De Gasperì incontrò tali resistenze che lo indussero alle dimissioni. Tra i suoi meriti più grandi l’essersi adoperato per la realizzazione dell’Europa unita di cui può essere considerato uno dei fondatori. Le polemiche che hanno richiamato l’attenzione sulla sua figura per l’intenzione di dedicargli la Festa dell’Unità dimostrano ancora una volta la modernità e l’attualità del suo pensiero e della sua azione politica.
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