Proprio a ridosso dell’anniversario dell’11 settembre, il presidente americano Barack Obama ha presentato il suo piano antiterrorismo ed ha ribadito agli americani che gli Stati Uniti guideranno una coalizione anti-Isis, ma senza inviare truppe in Iraq, come fece Bush in seguito all’attentato delle Torri Gemelle. Dunque una nuova offensiva militare contro il terrorismo islamico: quello degli jihadisti dell’Isis che avanzano in Iraq e Siria, e che rischiano di diventare un pericolo serio anche per l’Occidente. “Piccoli gruppi di assassini possono fare gravi danni. Per questo dobbiamo rimanere vigili”, spiega il presidente americano in quello che in molti considerano come il discorso più delicato della sua presidenza. Obama che aveva sempre annunciato di voler chiudere con le guerre si ritrova, suo malgrado, a dover combattere, ma a differenza di 13 anni fa promette nel suo discorso che l’America non sarà trascinata in una nuovo conflitto come in Iraq o in Afghanistan. La campagna verrà invece intrapresa sostenendo le forze sul campo ed utilizzando massicci bombardamenti aerei, che colpiranno gli uomini del califfo al Baghdadi ovunque essi siano. “L’obiettivo è chiaro: indebolire e distruggere l’Isis con una strategia antiterrorismo articolata e prolungata”, sottolinea Obama nel suo discorso, anticipato dalla Casa Bianca “Voglio che gli americani capiscano che non sarà come la guerra in Iraq e in Afghanistan. Non saranno coinvolte truppe americane sul suolo straniero”. “La campagna che stiamo per iniziare – ha spiegato il presidente – sarà uno sforzo continuo e senza sosta per eliminare la minaccia dell’Isis ovunque si trovi, utilizzando la nostra potenza aerea e sostenendo le forze alleate sul campo. Questa strategia è quella che abbiamo perseguito con successo in Yemen e in Somalia per anni”. “L’Isis è un cancro, servirà tempo per sradicarlo” avverte Obama, mentre afferma che “ogni volta che conduciamo un’azione militare ci sono dei rischi”, ricordando poi che oggi “è il 13.mo anniversario degli attacchi al nostro Paese, invece la prossima settimana saranno sei anni da quando la nostra economia ha subito il colpo più duro sin dalla grande Depressione”. Ma nonostante questo, “viviamo in un’epoca di grandi cambiamenti” ha aggiunto, “l’America è in una posizione migliore per cogliere il futuro di ogni altro Paese al mondo”. Il presidente degli Stati Uniti ha poi sottolineato come gli Usa sosterranno militarmente l’opposizione siriana. “Nella lotta all’Isis non ci possiamo fidare del regime siriano di Assad che terrorizza il suo popolo”, rivolgendo anche un messaggio al mondo musulmano: “L’Isis non è l’Islam. Perché nessuna religione può giustificare l’assassinio di persone innocenti e la barbarie”. Insomma a tredici anni dall’attentato terroristico alle Twin Towers che sconvolse l’America e di riflesso il mondo intero, il nuovo nemico degli Stati Uniti sembra essere l’organizzazione dell’Isis, ribadendo la volontà di combattere nuovamente, seppur con strategie differenti, ogni forma di terrorismo islamico che possa diventare così potente da permettere di ricattare intere nazioni ed economie mondiali, con la subdola arma delle ritorsioni personali sulla popolazione e su degli innocenti individui, la cui unica colpa è essere cittadini americani. Un marchio quest’ultimo di morte certa, cosi come lo è stato anche per tutte le vittime che hanno perso la vita in quelle torri, simbolo probabilmente di un Occidente che è caduto e si è sgretolato sotto la minaccia terroristica, ma pronto nuovamente a rialzarsi dalle macerie per lottare in nome della libertà ed autodeterminazione dei popoli oppressi e sfruttati. “