di Francesca de Carolis – È in libreria “D’amore, d’eroina, di galera”. Libro di Luciana Luberti, edito da Stampa Alternativa, che ho avuto il piacere di leggere di prima mano… quando ancora era solo l’ipotesi di un libro e Marcello Baraghini, con l’entusiasmo travolgente di quando ha qualcosa che gli piace tanto fra le mani, mi ha invitato a condividere… E, tempo due giorni, l’ho letto tutto d’un fiato anch’io, catturata, soprattutto, da una scrittura che mai mente.
La storia: Luciana negli anni ’80 era una giovane eroinomane. Le giornate tese ad un solo obiettivo: procurarsi da vivere, che significava anche e soprattutto procurarsi la droga. Ed era fra le più brave e fidate del giro, la più dura. Ma una sera di aprile lei e i suoi “cavalli” non tornarono a casa. Inizia per Luciana un percorso attraverso le carceri femminili del Veneto: Venezia, Rovigo, Udine, l’allora famigerato carcere di Belluno. Durerà tre anni. Un viaggio in un universo esasperato e straniante, ma pur sempre, per dirla con parole della protagonista, “uguale al mondo in versione ristretta: si muore e si vive come fuori, forse un po’ più che fuori”. Intorno a Luciana, una folla di donne, guardiane o detenute, tutte recluse nel meccanismo di dinamiche feroci. Co-protagonista della vicenda l’eroina, che anche nel carcere ripropone la sua danza di morte e introduce all’altro spettro che si affaccia in quegli anni: l’Aids. Mentre a tratti si svela, potente, l’ombra del padre, personaggio che si intravede, forte, pauroso e pur padre amato…
Una scrittura implacabile, quella di Luciana Luberti, per raccontare dolore, passione, odio, amore, crudeltà e bontà. Linguaggio che sa anche avere persino momenti di ironia, che permettono di narrare convulsioni altrimenti non esprimibili, pulsioni impronunciabili. Luberti riesce a fissare con sguardo fermo, e senza indulgenze, il film di un tratto della sua vita e riproporlo a noi come inciso su pellicola metallica. Una narrazione che restituisce, è la prima cosa che ho pensato leggendo, “l’umore del ferro”. Sfondo di questa storia la sconvolgente realtà degli anni 80, quando l’eroina fu vera e propria epidemia. Era fra l’altro l’unica sostanza allora usata in Italia per via endovenosa, e questo significava spesso: AIDS. Molto bassa l’età media dei consumatori: intorno ai 20 anni, secondo quanto osservato in un Ser.T di Padova, città dove da quando era poco più che adolescente l’autrice ha vissuto. Un racconto da leggere per drizzare le antenne anche sull’oggi, che lo scenario dell’uso degli stupefacenti è molto modificato, si è anche molto più “distratti” sulla questione droga, ma l’eroina ritorna, per quanto in focolai da non sottovalutare. Il libro ci riporta alle dinamiche feroci della dipendenza da eroina… la crisi, ha detto un esperto, “ha tolto qualche cliente e l’eroina è una sicurezza per il venditore, fidelizza i clienti. I giovani, poi, sono il futuro, per ogni mercato… ” Questo libro, è anche un viaggio nelle carceri femminili di quegli anni, dove consumatori- spacciatori come la protagonista entrano ed escono, escono ed entrano, in circuiti che sono l’inferno che ancora oggi le cronache ci raccontano. E l’umore che pervade il racconto è ben espresso dalla copertina, discreta e forte allo stesso tempo, dolce persino, con il tentativo di volo di quel cuore-pallone che rimane inchiodato a un muro scalcinato. Muro delle periferie delle nostre anime… In questi mesi ho scambiato con Luciana parole… Anche quando ne leggo solo le email, sento la sua voce roca e profonda… Qualsiasi racconto di lei fatto da altri, me compresa, mi suonerebbe arbitrario dopo aver letto le parole con le quali, quando gliele ho chieste, mi ha tracciato una sua breve biografia. Eccole.
“Luciana Corinna Luberti, nasce a Roma un’infinità di tempo fa ma poi però ringiovanisce. Ok , sono figlia di Luberti Luciano, non so se conoscete, e di una. Correva l’anno 1956: nevicava a Roma. Ecco mia madre iniziava sempre così: era un giorno buio e tempestoso, insomma un giorno da ladri. Mio padre uscito di galera per crimini di guerra, impalma la bella Toscana, nasce Flavia mia sorella e subito io. Finché stiamo a Roma va pure abbastanza bene ma, col precipitare della situazione, e cioè la separazione dei due genitori, la fuga di Toscana, prima a Ladispoli e poi a Padova, finiscono tutte le belle speranze. Arrivo a Padova e già non va bene. Giovanissima, insieme a pochissimi altri ragazzini, conosco l’eroina e creiamo quella che sarà moltissimi anni dopo la piazza della droga in città. Erano i primissimi anni ‘70, si sentiva nell’aria un forte cambiamento, poi il terrorismo, lo sbando, la fine; passo del tempo in galera, m’innamoro dei fumetti e apro per 15 anni una fumetteria a Ferrara e a Padova, finché muore Lorenzo, il mio compare. Mi sparo case e appartamenti in vena. Però, nel frattempo, dopo una detenzione, frequentando il suddetto criminale Luberti Luciano mio padre, mi metto a raccontare un po’ della esperienza e nasce questo libro. Non sono ancora morta”.
Confermo, Luciana non è ancora morta. E ancora, in un flusso che per lei non ha e credo non avrà mai fine, inchioda brani di vita alla scrittura. Aspetto i prossimi racconti. Intanto invito a leggere questo suo primo libro, che in fondo, e forse neanche troppo in fondo, è una storia d’amore. E’ la storia di tutto quello e tutti coloro che, nel bene e nel male, Luciana ha davvero amato.
Francesca de Carolis