8:30 – A volte viene fermato dagli agenti delle Forze dell’Ordine, altre volte riesce a darsi alla fuga, due opzioni possibili in mancanza dell’imprevisto di viaggio: la morte. Sono più di 100 gli scafisti che dall’inizio dell’ondata di sbarchi sono stati fermati e posti sotto arresto. Alcuni di nazionalità italiana, pronti ad affrontare le tratte più difficili pur di accumulare denaro. Cifre di un certo peso se si pensa alla disperazione con cui i migranti investono i risparmi di una vita solo per essere traghettati in “terra salva”. Persone, viaggiatori ma soprattutto scafisti, disposte a tutto pur di lasciare il proprio paese o semplicemente colmare i debiti di viaggio, accettando lavori in condizioni impensabili. Quando lo scafista, non solo si rende responsabile delle eventuali vittime di viaggio, è l’artefice di un vero e proprio omicidio, bisognerebbe soffermarsi a fondo sui vari aspetti tragici di questa emergenza arrivi. Come è accaduto a Reggio Calabria durante l’ultimo sbarco registrato, proprio lo scafista avrebbe provocato la morte di un immigrato, il cui cadavere è stato ritrovato a bordo della nave della Marina militare Virginio Fasan. L’immigrato, infatti, sarebbe stato colpito con una spranga al momento del trasbordo nelle coste di Tripoli. Lo scafista diventa così il personaggio più ignobile di tutta la faccenda. Pronto a lucrare sulle speranze e le disperazioni di tutti i migranti che vedono nella fuga l’unica alternativa. Al posto di una solidale azione di salvataggio, non resta che appurare come si tratti di un vero e proprio traffico mafioso di anime in mano a gente senza scrupoli. Gli scafisti, abituati a rubare i pescherecci, si attivano per imbarcare arabi, eritrei, liberiani e somali che sono in fuga dalla guerra civile. Lo scafista, abituato a traghettare i migranti verso la Sicilia, adesso si ritrova a dover organizzare anche da terra le partenze. Un’operazione certosina per assicurarsi la giusta conta di denaro. Denaro che lo scafista, quando riesce a fuggire, tiene custodito in un semplice zainetto che nonostante l’assenza di macchie, è sempre intriso di sangue.