di Ilenia Borgia – Quando si pensa ad un artista italiano completo, solitamente, si pensa alla versatilità e la capacità con cui affronta le performance teatrali, televisive e cinematografiche. Quando si parla di un artista completo è impossibile non pensare a Vincenzo Salemme. Figlio del teatro De Filippiniano del grande Eduardo, Salemme inizia a farsi notare per la bravura attoriale e subito dopo per la scrittura e regia delle commedie teatrali che lo hanno portato al successo di critica. Tra gli anni Ottanta e Novanta, Vincenzo Salemme respira l’aria del palcoscenico proseguendo la collaborazione in teatro con la famiglia De Filippo, mentre compare sul grande schermo in La Messa è Finita (1985) di Nanni Moretti. Vincitore del Premio Sciacca e di molti altri riconoscimenti, Salemme mette su la propria compagnia teatrale, Emporio Teatro prima, Compagnia Capocomicale poi; con la quale si colloca definitivamente nel panorama teatrale nazionale.
Salemme conquista nella storia della tradizione del teatro partenopeo un posto unico, dal quale vedrà la propria crescita e i successi del suo ruolo da regista. E sempre da regista, questa volta cinematografico, Salemme approda nel porto del cinema italiano con L’amico del cuore, 1998, accanto ai due compagni di viaggio Carlo Buccirosso e Maurizio Casagrande. Una commedia brillante che si contraddistingue per l’originalità del testo e – in particolare – per i profondi temi morali che, seppur con ironia, portano lo spettatore ad una più ampia interpretazione della trama. Questo è lo stile di Salemme, quello di focalizzare l’attenzione su argomenti dalla portata sociale che toccano gli aspetti più etici di una contemporanea situazione culturale confusa e indefinita.
L’eutanasia, la donazione degli organi, i valori politici, l’onestà, l’amicizia e la disabilità, sono il fulcro delle commedie del grande Vincenzo, che lo spettatore vive a teatro, e che vengono poi reinterpretate e rilette con una nuova lente d’ingrandimento su pellicola. Una trasposizione quella cinematografica che porta con sé agevolazioni pratiche e difficoltà metatestuali: “Il teatro è la madre di tutte le discipline, è l’arte dell’artificio ed il cinema quella della naturalezza. Il pubblico si avvicina al film solo se è credibile. Il pubblico, a teatro, vuole invece la metafora per cui quest’ultimo ed il cinema appaiono come due mondi diversi. Lo scopo è lo stesso, cioè quello di raccontare una storia e dare delle emozioni, al cinema, però, perdi un po’ la profondità della metafora teatrale, mentre a teatro perdi la naturalezza della narrazione”.
L’ultima trasposizione cinematografica firmata Vincenzo Salemme, arriverà in autunno nelle sale italiane e vedrà l’applaudita commedia teatrale del 1995, E Fuori Nevica, rivivere sul grande schermo assieme a Salemme, a distanza di venti anni dalla prima teatrale, e il fedelissimo cast Casagrande-Buccirosso-Paone: “Volevo chiudere un cerchio. Ci eravamo lasciati con questi attori, ma tante persone erano affezionate alla commedia ed era doveroso lasciare un ulteriore segno”. Un segno atteso per la prima metà di ottobre, e di cui già si intravede una sfavillante risposta alle aspettative del pubblico affezionato ed una sorprendente attrattiva per quello curioso.
Ilenia Borgia – Critica Cinematografica