Abilmente protetta, da un versante dagli ulivi e dall’altro da piantagioni di mais e con un muro di balle di fieno alto tre metri, la piantagione di cannabis, cresceva rigogliosa ed indisturbata fino all’avvistamento delle forze dell’ordine: un ettaro e mezzo coltivato con cura, 15.000 piante di cannabis per un valore sul mercato stimato in circa 35 milioni di euro. Quando i carabinieri di Alcamo si sono presentati dinanzi all’uomo per arrestarlo, questo’ultimo guardando un punto morto avrebbe detto: «Pensavo fossero piante aromatiche». Insomma è questa la nostra Italia: un paese che secondo le stime degli ultimi anni è stato nel 2012 il primo Paese al mondo per sequestri, 4.122.617 di piante, secondo i dati dell’Unodc, l’agenzia dell’Onu sulla droga e il crimine, più degli Stati Uniti, mentre solo due anni prima erano state 71.988. Il piccolo bosco di canapa indiana nel trapanese è quindi soltanto l’ultima delle piantagioni che si moltiplicano nel Sud, dove avviene il 71% dei sequestri, confermandosi l’area di maggior produzione: «Qui ci sono le condizioni climatiche, ci sono grandi aree scarsamente abitate e a coltivare bisogna essere capaci – spiega il colonnello Giuseppe Campobasso, comandante del Gruppo operativo antidroga della Finanza di Palermo -.
Il sistema migliore è ancora quello di individuare le piantagioni dall’alto». Parallelemente pero anche i sistemi di mimetizzazione si fanno più sofisticati: finti campi di granturco per nascondere le piantagioni, serre custodite da cani, sistemi di irrigazione a goccia per evitarne l’individuazione. A Tor De’ Cenci, vicino a Roma, il 14 agosto un elicottero individua dall’alto un altro campo abusivo: mezzo ettaro, 170 chili di marijuana biologica, ricavata tra i rovi, collegata a una cisterna d’acqua nascosta nelle vegetazione.
Il ragazzo che la coltivava, si era scavato un tunnel tra i rovi e raggiungeva la sua piantagione strisciando pancia a terra. E un anno fa, nelle campagne dell’Ogliastra in Sardegna, la polizia si è trovata di fronte a uno scenario colombiano: una piantagione da 1100 piante con tre postazioni per vedette armate dotate di elettricità e materasso. Inutile girarci attorno, in Italia la cannabis si è sempre coltivata, ma oggi qualcosa sta cambiando: mai si erano trovate piantagioni di queste così vaste estensioni. Non si tratta più dunque di piccoli spacciatori che si mettevano in proprio e producevano per la ristretta cerchia dei propri clienti, ma questi oggi cominciano a entrare in conflitto con la criminalità organizzata.
Le grandi piantagioni dell’Est come Urss e Pakistan si sono da tempo riconvertite all’oppio, considerato oggi più remunerativo, così il prezzo dell’erba è salito e complice anche la domanda che resta alta è così iniziata l’autoproduzione intensiva. Per questi motivi, i sequestri di piante hanno superato quelli di erba essiccata ed oggi un grammo di erba nostrana costa circa 7 euro e mezzo, secondo le leggi del mercato, per cui non ci si deve meravigliare se è possibile trovare in pieno centro di Roma, accanto alla stazione Casilina, la più grande serra di cannabis mai scoperta: una galleria di un chilometro per 5000 metri quadri di piante coltivate.