È da mesi, ormai, che si discute in merito alla possibilità di rivedere i rapporti di natura finanziaria tra Unione Europea e Italia. In molti ritenevano (e con molta probabilità ritengono ancora) che l’argomento, di per sé ostico e controverso, avrebbe subito un’accelerazione una volta iniziato il semestre italiano di guida del Consiglio Ue. Si è arrivati, in questi giorni, persino ad affermare l’esistenza segreta di un negoziato tra Italia ed Istituzioni europee avente come oggetto una maggiore flessibilità, nonché una potenziale riduzione di alcuni parametri del fiscal compact. In realtà, invece, non ci sarebbe nulla di tutto ciò. Tale accordo è stato smentito non solo dalla Commissione europea ma anche dallo stesso Governo Italiano. Simon O’Connor, portavoce del Commissario Ue per gli Affari Economici, Olli Rehn, ha, infatti, dichiarato che “Non commentiamo questa congettura. Lo stato delle finanze pubbliche sarà analizzato in autunno. È troppo presto per aggiornare le stime del deficit 2014, questo sarà fatto nelle previsioni di novembre e saranno la base per la nostra valutazione della legge di stabilita’ del prossimo anno”. Il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, dal canto suo ha, invece, ironicamente sottolineato come “i giornali di agosto sono pieni di progetti segreti del Governo, talmente segreti che non li conosce nemmeno il Governo”. Ancora nessuna buona notizia, dunque, sul fronte europeo sul possibile dimezzamento allo 0,25% dell’obbligo imposto ai paesi meno virtuosi di ridurre dello 0,5% annuo il saldo di bilancio strutturale. Il percorso è ancora lungo, anzi lunghissimo. Gli appuntamenti politici italiani, vitali per futuro del nostro Paese, invece, vicini, anzi vicinissimi. Un dato, tuttavia, resta certo, giacché il Governo è completamente intenzionato a rispettare il vincolo del 3%, senza per questo provocare un aumento delle tasse. Il quadro complessivo, però, non è molto confortante. Riforme a parte, e per le quali non è stata rispettata neppure una delle date di scadenza in precedenza stabilite, resta innanzitutto il nodo della manovra del 2015, per la quale serviranno almeno tredici miliardi di euro. Ed è soprattutto a questa difficile questione che si lega inesorabilmente lo spettro dell’aumento della tassazione. Si tratta, in poche parole, di un complesso e delicato gioco di crescita del carico fiscale e di taglio alla spesa pubblica, cui si associa una possibile revisione delle agevolazioni (deduzioni e detrazioni). Insomma, tanti problemi e soluzioni difficili da trovare e non sempre soddisfacenti. E dall’Europa, nessun aiuto. Tutto procede come previsto. In tutto ciò resta da capire che senso abbia per l’Italia e gli Italiani il semestre di presidenza europeo. Le aspettative erano tante, fomentate soprattutto dalla classe politica che aveva promesso che le cose sarebbero inevitabilmente cambiate, tuttavia, ad oggi, non solo non ci sono prospettive interessanti e soddisfacenti ma neppure segnali incoraggianti. I prossimi appuntamenti europei che si terranno da qui a novembre – riunione di Consiglio Europeo ed Ecofin (Consiglio Economia e Finanza), nonché l’insediamento dei nuovi commissari – acquisiscono, quindi, una portata più che essenziale per il futuro delle nostre politiche economiche e finanziarie.