28 -07- 2014 – 15:30 – “Dipingo me stessa perché spesso mi sento sola e perché sono il soggetto che conosco meglio”. Frida Kahlo, pittrice messicana dalla difficile vita, ritorna sotto un’analisi artistico-sociale per via della sua particolare dedizione alla tecnica dell’autoritratto. Punto di riferimento e una fra le paladine dell’emancipazione giovanile, Frida Kahlo combatteva la solitudine attraverso l’arte, in particolar modo, ritraendo la propria immagine e donandola alle persone care. Così facendo – in un certo senso – l’artista messicana non poteva passare inosservata e quindi, avendo uno “spettatore” davanti al ritratto, non era sola. E’ un po’ questa la natura del selfie, la nuova moda di autofotografarsi: il soggetto si ritrae in una specifica situazione o – semplicemente – durante uno stato umorale ben preciso, con l’intenzione di fermare quel momento per poi condividerlo in rete o all’interno del proprio gruppo di amici virtuali. Cos’è questa se non una chiara voglia di emergere dalla routine, nel caso di Frida una quotidianità drammatica, dove l’autoritrarsi è una pratica di fuga.
Molte donne tendono ad immedesimarsi in Frida e nelle sue continue evasioni artistiche, instaurando una sorta di legame con l’artista che ritorna ad essere, di generazione in generazione, un esempio di come le difficoltà e le sofferenze possono essere superate attraverso la ricerca di una propria manifestazione artistica. Una donna forte, tenace, dalle marcate sopracciglia, lo sguardo austero e privo di sorrisi. Una donna che richiama l’attenzione di una società che proprio dietro quei brevi autoscatti cela una continua sofferenza interiore. Uno spaccato temporale che collega due realtà, altrimenti distanti, ad attuali coordinate emotive.