Si sa ormai che la contraffazione agroalimentare si sta diffondendo sempre più, al pari di quella che da decenni interessa e penalizza anche il settore del vestiario, ma individuare i prodotti alimentari che si sostituiscono illegalmente a quelli nostrani, certificati e di ottima qualità, non è sempre così semplice ed immediato, soprattutto se il consumatore non è particolarmente abile nel riconoscerli e se il prodotto che gli viene presentato risulta perfettamente contraffatto. In Puglia infatti è accaduto che tre associazioni per delinquere gestissero un giro di affari illecito di circa 30 milioni di euro, prontamente smantellate da un blitz della Guardia di Finanza di Andria. L’indagine a carico di imprenditori pugliesi, con la complicità di altri calabresi ha portato in tutto a 16 arresti, poichè accusati di trasformare olio di oliva comunitario estero in olio 100% italiano biologico, una variante non di poco conto nel processo di lavorazione ed in quello di etichettatura finale. Durante le varie fasi dell’inchiesta si è potuto accertare che le tre presunte organizzazioni criminali pugliesi, si sono avvalse della complicità di imprese che commercializzano olio di oliva in Puglia e in diverse città della Calabria. Secondo il procuratore di Trani, Carlo Maria Capristo, e il pm inquirente Antonio Savasta a queste ultime spettava il compito di fornire false fatture attestanti fittizi approvvigionamenti di olio extravergine di oliva prodotto in Italia, necessari a legittimare su carta ingenti acquisti di olio proveniente, in realtà, dalla Spagna. Insomma vi era un vero e proprio circuito illegale ben architettato che avvalendosi della complicita’ di altri indagati, quali confezionatori e commercianti all’ingrosso, immetteva l’olio d’oliva comunitario sul mercato come olio biologico 100% italiano, sfruttando il valore aggiunto delle menzioni riservate ai prodotti ‘Made in Italy’ e biologico, che da sempre attirano il consumatore rassicurandolo allo stesso tempo sulla tracciabilità della filiera produttiva. Ma il business messo in piedi si estendeva anche al tonno sott’olio, infatti sono stati apposti i sigilli a circa 400 tonnellate di olio dalle qualità organolettiche scadenti e contaminate. L’olio sequestrato, secondo le indagini della Guardia di Finanza, veniva poi miscelato con grassi di diversa natura contenenti fondami ed impurezze imputabili al circuito della raccolta degli oli esausti della ristorazione,spesso di provenienza furtiva oppure corredati da falsi documenti di accompagnamento indicanti natura e qualità diversi da quelli reali. Quello che però fa più riflettere dell’intera vicenda è che la contraffazione non sia avvenuta fuori dal nostro territorio italiano o da parte di stranieri, bensì all’interno di regioni come Puglia e Calabria, da sempre rinomate produttrici di quell’oro giallo che la natura gli ha fornito e che spesso poco hanno saputo valorizzare. Come è possibile, ci si chiede, che degli imprenditori e produttori pugliesi e calabresi di questo settore, ben consci quindi del valore del prodotto, abbiano voluto distruggere una marchio, assieme alla fiducia del consumatore, rinunciando a servirsi di una risorsa italiana e sostituendola invece con un prodotto ben più scadente, soltanto in nome del denaro, svendendo di fatto anche uno dei tesori della tavola italiana che tutto il mondo ci invidia ed apprezza.