06\07\2014 – Numerosi, purtroppo, sono gli episodi di annegamento che accadono ai bagnanti soprattutto durante la stagione estiva: recentissima è la Sentenza n. 11532/14 della Cassazione, con la quale la Suprema Corte si è pronunciata circa la possibilità di imputare la responsabilità del mortale accadimento ai danni di un bagnante, all’Ente comunale ove insisteva l’area marina, luogo del mortale incidente. I Giudici di merito, di I° e II° grado, avevano, infatti, ravvisato la responsabilità del Comune, accogliendo, altresì, la domanda risarcitoria avanzata dai familiari della vittima, poichè avevano ritenuto l’Ente responsabile, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2051 del Codice Civile, “Danno cagionato da cosa in custodia”, secondo cui “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”: secondo quanto sostenuto dagli Attori, infatti, il Comune non aveva ottemperato all’Ordinanza della Capitaneria di Porto, che aveva imposto all’Ente comunale di predisporre un servizio di assistenza alla balneazione e salvataggio, ovvero, in mancanza, di installare nel luogo, ove poi si è verificato il mortale incidente, segnalazioni idonee a rendere edotti i i bagnanti circa la pericolosità di quel tratto di mare, a causa delle forti correnti marine che lo attraversavano. Su ricorso del Comune interessato dalla triste vicenda, la Suprema Corte ha, però, ribaltato le decisioni di merito, statuendo, innanzitutto, che il mare territoriale è cosa distinta e separata dal lido marino, e che solamente quest’ultimo può formare oggetto di proprietà e rientra, quindi, nel cd. “demanio marittimo”; inoltre, secondo la S.C., sebbene numerose siano le disposizioni dell’Ordinamento Giuridico interno ed internazionale che assoggettano il mare territoriale alla sovranità degli Stati per fini amministrativi, di polizia, doganali, ambientali, tali Ordinamenti distinguono tra il cd. “mare libero”, ossia non soggetto alla sovranità territoriale degli Stati rivieraschi, il cd. “mare territoriale”, ovvero la fascia di mare soggetta alla sovranità dello Stato, ed, infine, la cd. “zona economica esclusiva”, cioè la fascia di mare adiacente alle coste, sulla quale il diritto internazionale riconosce agli Stati rivieraschi la facoltà di sfruttamento economico. Premesso ciò, la Suprema Corte ha specificato che tali norme sono, però, norme di “diritto pubblico”, non “di diritto privato”: conseguentemente, esse statuiscono le attività che sono consentite o vietate agli Stati sulle aree marine, ma non attribuiscono agli Stati su cui tali aree insistono alcun “diritto di proprietà” sul mare. Pertanto, non sussistendo in iure un “demanio comunale” sul mare, non sussiste neppure un rapporto di “custodia” di esso da parte dell’Ente comunale ove tale area marina si affacci. Sotto altro profilo, gli Ermellini hanno evidenziato che non è applicabile al caso de quo, al fine di imputare una qualche responsabilità al Comune, neppure l’art. 2051 C.C., inerente la responsabilità delle cose in custodia, poiché tale norma si applica alla Pubblica Amministrazione solamente quando quest’ultima abbia una possibilità “concreta” di controllo sul bene, controllo che, essendo il bene in specie, il mare, manca totalmente, poiché, a causa della sua vastità, non ha nè limiti, nè confini. Sulla scorta di tale “ratio”, la Corte di Cassazione con la predetta Sentenza ha, dunque, accolto il ricorso del Comune, cassando la Sentenza di merito impugnata e condannando i familiari del bagnante defunto alla rifusione delle spese legali in favore dell’Ente.
Avv. Antonella Rigolino