Le mie compagne di scuola elementare erano tutte bellissime. Indossavano grembiuli azzurri e colletti bianchi . Alcune, quelle le cui famiglie disponevano di reddito adeguato, avevano il vezzo di indossare colletti di merletto bianco, piuttosto che di nastro bianco. Ma erano tutte bellissime. Il nastro bianco risaltava il nero carbone degli occhi e dei capelli di Sarina, oppure i capelli biondi e gli occhi verdi di Lucia, o ancora il castano di occhi e capelli di Franca. E via di seguito. Giulia, bellissima ma non molto studiosa, prendeva spesso le sgridate del maestro Zaccaria. Un giorno uno dei miei compagni di classe, Bastiano , sempre distratto, attento a tutto, tranne che alle lezioni del maestro, si accorse che sulla testa di Giulia si aggiravano strani insetti. Si mise ad urlare e a spaventarla dicendo che aveva la testa piena di insetti, che gliela avrebbero mangiata. Il maestro sospese la spiegazione e si avvicinò a Giulia, con la sua solita andatura lenta, era un omone piuttosto robusto e pesante. Osservò e sentenziò. Erano pidocchi. Rassicurò la bimba, che nel frattempo si era messa a piangere. Non le avrebbero mangiato un bel niente, anzi era più probabile che avrebbero finito di consumare quel poco di cervello che rimaneva a Sebastiano. Il maestro chiamò la maestra della classe accanto e la pregò di controllare. Questa si mise ad urlare schifata: “bisogna mandare a chiamare i genitori e bisogna isolarla”. Il maestro Zaccaria ringraziò la collega, accompagnandola alla porta. Poi rassicurò ancora una volta Giulia e le disse che non c’era bisogno di avvisare i genitori, ne avrebbe parlato lui con il medico condotto, ma era solo una formalità, in fondo non ce ne era proprio bisogno. La mattina seguente, la mamma di Giulia, avvisata, malgrado le parole del maestro dalla figlia, la accompagnò a scuola. Il maestro la fece entrare in classe con tutti noi, poi estrasse dalla borsa di cuoio, che portava sempre con sé, una confezione di polvere bianca. Disse che era stata la moglie a suggerirgliela. Giulia avrebbe dovuto lavare i capelli con quella polvere tutti i giorni. Anche noi avremmo dovuto fare lo stesso. Le ragazze avrebbero dovuto legare i capelli e coprire il capo con un “fazzoletto da testa” (foulard). Quando la madre di Giulia andò via, portando con sé la confezione di polvere che le aveva consegnato il maestro, lo stesso ci disse di tornare la mattina seguente accompagnati dai genitori, ai quali avrebbe dato della polvere bianca per ciascuno di noi. Sarina, che era la mammina di tutti noi, chiese al maestro se bisognava comunque isolare Giulia come aveva detto il giorno prima la maestra collega. Il maestro rispose che non bisognava isolare nessuno, e ci raccontò la storia del pidocchio salterello, che saltava di qua in là sulle teste di garzoni e sovrani, di principi e cani. Tutti prima o poi avremmo avuto un pidocchio per capello e non avremmo avuto piacere di essere isolati solo per questo. Bastava solo usare le debite precauzioni e sconfiggere i pidocchi con la polvere bianca, ma solo per evitare che diventassero più numerosi degli uomini e potessero così consumare tutto il cibo del mondo lasciandoci affamati. Commentammo con i miei compagni che il maestro Zaccaria e sua moglie sapevano un sacco di cose. Io da quel giorno gli volli sempre più bene perché, malgrado fossi solo un bambino, compresi che quello era un sant’uomo.
Enzo Cuzzola